03.07.11 di Vincenzo Pacelli
(pubblicato su Cronos - anno II, n.3 - luglio 2009)
Vignanello, come ogni comune d’Italia, ha un suo stemma. In genere viene rappresentato con uno scudo sannitico, detto anche scudo francese moderno, di forma rettangolare, con gli spigoli stondati nel lato inferiore e terminante con una piccola punta rivolta verso il basso. Al suo interno si trovano un grappolo d’uva su fondo azzurro nella parte superiore, sei colli sovrastati da una stella a cinque punte nella parte inferiore a fondo rosso, nel mezzo una fascia trasversale bianca con all’interno le tre iniziali V. N. C. (foto a lato) Il significato di queste tre lettere è da anni oggetto di spassose congetture che, come per una sorta di vezzo folkloristico, non giungono mai a conclusione: secondo alcuni starebbero ad indicare la sigla Vignanello nel Cimino, specificazione che però non è mai stata attribuita a questo comune, secondo altri vorrebbero dire Vignanello Nobilis Communitas, ma anche su questa attribuzione non c’è una conferma certa, altri ancora immaginano una fantasiosa corrispondenza con i prodotti tipici locali: Vino, Nocciole e Castagne... E chi più ne ha più ne metta! In mancanza di documenti e di una ricerca fatta come si deve, credo sia inutile spendere altre parole in proposito. Torniamo allo stemma: lo si trova in diverse versioni, con minime differenziazioni, sulla facciata dell’edificio municipale, sui manifesti, sui tabelloni affissi per il paese, sulla carta intestata del comune, etc... Di norma è sovrastato dalla corona comunale e spesso la fascia trasversale tende a coprire la stella, fin quasi a farla scomparire del tutto. In alcune rare versioni, addirittura, la stella è stata sostituita da una croce poggiata in cima al colle più alto. Ignoro le motivazioni all’origine di queste singolari variazioni, o meglio, ho delle vaghe idee ma ritengo sia fuori luogo dilungarmi ora in proposito. In passato lo scudo con cui solitamente veniva rappresentato non era quello sannitico, bensì quello a testa di cavallo (anche detto scudo italiano). Troviamo lo stemma in questa versione intagliato sul soffitto della sala consiliare, in alcune cartoline d’epoca e su delle vecchie carte intestate1. (foto a fianco) In particolare, lo stemma del soffitto dell’aula consiliare si distingue da tutti gli altri per due peculiarità: la stella è a sei punte (non cinque, come di solito) ed al posto del semplice grappolo, spunta dalla fascia trasversale un bel tralcio d’uva che si divide in due rami asimmetrici con diverse foglie e due grappoli. (foto sotto)
Ma a quando risale esattamente questo stemma di Vignanello? Da quanto tempo questo comune ha per simbolo i sei colli, la stella ed il grappolo d’uva? In alcune foto ritraenti la fontana che si trovava in Piazza Gramsci (1897) sulla faccia anteriore delle due colonnine laterali, si scorge uno scudo a testa di cavallo, con scolpiti a rilievo i soli sei monticelli e la stella (senza la fascia ed il grappolo d’uva) ma sui monumenti di epoca precedente questo non compare mai. Non c’è né sulla facciata né all’interno della Chiesa Collegiata (1725), non si trova sulla colonna della giustizia (1730). Non c’è neppure sulla porta del Molesino (1692), sulla fontana del castello (1673) o sul castello stesso (1531). Su tutte queste opere architettoniche campeggiano soltanto, fieri e maestosi, gli stemmi dei Farnese, dei Ruspoli e dei Marescotti, feudatari di Vignanello dall’inizio del ‘500 all’inizio dell’800.
Il documento più vecchio che ho avuto modo di rintracciare in cui è visibile lo stemma di Vignanello è datato 10 dicembre 1899 (foto sopra): si tratta di un timbro2 in cui lo stemma ha la forma a testa di cavallo, con il doppio tralcio d’uva che ricorda la versione dell’aula consiliare e sul bordo si legge MUNICIPIO DI VIGNANELLO. Rimane il mistero di chi abbia deciso tale stemma, cioè chi abbia scelto i monticelli, la stella e l’uva e la sigla VNC. Di certo deve essercene traccia in Archivio Comunale, magari in un atto del Consiglio, ma non ho ancora avuto occasione di approfondire la cosa e che io sappia nessuno ci si è mai cimentato.
Torniamo quindi al 1899: prima di questa data, e probabilmente fino al 1870, i timbri del comune di Vignanello consistevano semplicemente nello stemma Savoia, a ricordare la famiglia regnante, subentrata appunto nel 1870 con la fine dello Stato Pontificio. Del resto avevano lo stesso stemma anche gli altri enti come le province e le regioni: si può osservare, seppure molto poco nitido, in due documenti comunali del 1873 (foto a fianco), in altrettanti timbri3 con sul bordo la scritta COMUNITÁ DI VIGNANELLO.
Andando ancora indietro, prima della caduta dello Stato Pontificio a farla da padrone in tutti i documenti ed i sigilli del comune4 è proprio l’emblema papale (foto sott), corredato dalla scritta abbreviata GOVERN. (o GONFALON.) DI VIGNANELLO. Dello stemma che conosciamo oggi, non ve n’è alcuna traccia, neanche in forma abbozzata o parziale.
Ma i Vignanellesi, già alla fine del ‘400, prima ancora dell’arrivo dei Farnese, avevano un loro statuto, un insieme di regole rispettate tanto dalla popolazione quanto dai feudatari pro-tempore, ed avevano delle proprie istituzioni: un consiglio generale, composto da circa cento capi famiglia, un consiglio speciale di soli sedici uomini (massari) e quattro priori (officiales). Possibile che questa comunità così ben organizzata, e che la storia locale ci fa conoscere come fiera e ardita, non avesse anche un suo stemma? Centri abitati di modeste dimensioni, già nel XVI secolo, avevano un proprio stemma, un emblema ben distinto da quello del feudatario. Vignanello non era da meno ed infatti uno stemma ce lo aveva, eccome, ma non era quello che conosciamo oggi, era un altro, completamente diverso e da tempo dimenticato. Si tratta solo di saperlo individuare, fra i documenti, fra gli stemmi scolpiti sulle chiavi di volta dei portali, fra le figure riprodotte in alcuni manufatti.
Osservando attentamente alcune lettere inviate dai priori di Vignanello all’inizio dell’800, si trova, apposto in fondo al testo, un sigillo a secco5: un piccolo ovale, incorniciato da un bordino a palline, con all’interno una scritta ed un’immagine. La scritta è la seguente: COMMVNITAS IVLIANELLI, ossia, Comunità di Iulianello (denominazione antica del paese), e l’immagine raffigura un santo vescovo: San Biagio, patrono di Vignanello. (foto a lato e sotto)
E chi lo dice che è San Biagio? Potrà controbattere qualcuno. La risposta è molto semplice: per prima cosa era usanza per i centri abitati fin dal Medioevo, assumere come emblema identificativo l’immagine del santo protettore, e la conferma che quella figura sul nostro timbro a secco è proprio San Biagio ce la dà la presenza ben evidente del suo simbolo principe: il pettine.
Il santo infatti, porta in una mano il pastorale, che lo fa riconoscere come vescovo, e nell’altra una sorta di corto rastrello. Questo oggetto è sempre raffigurato insieme a San Biagio ed è in realtà un pettine da cardatore.
Il pettine da cardatore è il simbolo per eccellenza di San Biagio. Si tratta di una sorta di spazzola dotata di denti metallici ed un manico con la quale i pastori cardavano la lana (foto a lato). È l’emblema del santo in quanto la tradizione narra che subì un supplizio in cui veniva scorticato con pettini di ferro. Pertanto questo attrezzo è sempre inserito nelle raffigurazioni del santo, così pure nella tela presente all’interno della Chiesa Collegiata di Vignanello. (in basso, raffigurazione di San Biagio nella Cappella Sistina, destra, ed in un santino, a sinistra. In entrambe porta in mano il pettine da cardatore)
La corrispondenza che ho rintracciato con questo timbro va approssimativamente dal 1814 al 1822, ma andando ancora indietro nel tempo, a conferma che il santo fosse già da prima il simbolo della popolazione vignanellese c’è un documento della prima metà del ‘700 in cui, in cima alla pagina, fra lo stemma cardinalizio dei Marescotti e quello principesco dei Ruspoli, campeggia l’immagine del patrono.
Si tratta di un foglio di riconoscimento dell’epoca, una sorta di lasciapassare con il quale i priori di Vignanello permettevano l’identificazione di un cittadino che doveva intraprendere un viaggio e ne garantivano la buona salute. Su di esso si legge:
Priori della Terra di Vignanello.
I Priori di Vignanello garantiscono (fanno fede) per il viaggiatore, identificabile in base all’età, alla statura e al colore dei capelli o della barba (di pelo), dichiarando che è partito da Vignanello, dove non c’è infezione e neanche sospetto di infezione di peste o di altre malattie contagiose.
Il documento (foto sopra) si trova rilegato all’interno di un protocollo6 del notaio vignanellese Simone Fiorentini, contenente atti rogati attorno al 1730 ed è quindi verosimile che questo lasciapassare fosse in uso in quegli stessi anni. Siamo quindi arrivati ancora un secolo più indietro, dal 1822 al 1730, e di nuovo il santo patrono è l’emblema della comunità di Vignanello. Ma San Biagio è attestato come protettore del paese già dalla fine del 1400 e non è errato pensare che fin da quegli anni la figura del santo fosse presa a simbolo dai suoi devoti. Se è così, devono esserci altre tracce nel ‘600, nel ‘500...
A tal proposito, come premessa, devo ringraziare, per un’informazione che casualmente mi fornì diversi anni fa, il professor Augusto Pacelli. Un’informazione apparentemente banale, ma che raccordata con gli elementi precedentemente esposti mi ha permesso di arrivare alle conclusioni che sto per esporre.
Il prof. Pacelli, durante una delle nostre chiacchierate, mi disse che la sede comunale nel ‘500 si trovava nelle stanze poste sopra ai locali dell’ex circolo ACLI. Ora, la porta che dà accesso a queste stanze ha sulla chiave di volta uno stemma a rilievo, con scolpiti all’interno due elementi: sulla sinistra una sorta di rastrello e sulla destra un cerchio con otto raggi e all’interno il monogramma cristologico IHS (foto a lato). Di fianco, poco al di sopra della porta dell’ACLI c’è un’altro stemma, con incise le stesse figure, ma con l’aggiunta di una piccola sagoma umana al di sotto del rastrello e di una sorta di asta al di sotto del cerchio coi raggi (foto qui sotto), in basso si legge l’anno: 1564. La sagoma umana, con una piccola testa ed una larga tonaca, è chiaramente una versione stilizzata del santo vescovo inciso sul lasciapassare del ‘700, priva di tutti quei particolari non semplici da scolpire nel peperino a quelle dimensioni. Quello che sembra un rastrello non è altro che il pettine da cardatore, simbolo del martirio di San Biagio, mentre il bastone sotto al cerchio con gli otto raggi conferma la corrispondenza di quest’ultimo simbolo con lo stemma eucaristico di San Bernardino da Siena.
In effetti la sede comunale, in diversi documenti degli inizi del ‘500 viene chiamata casa di San Biagio, in onore del patrono, e a volte anche di San Bernardino, che evidentemente per un certo periodo è stato oggetto di analoga devozione da parte della popolazione vignanellese, anche se non si hanno particolari notizie a riguardo. A titolo d’esempio riporto quattro stralci presi da atti notarili dell’epoca:
Naturalmente con il termine società si intendeva la confraternita. Quella di San Biagio esisteva già dal 149411, quando Vignanello era governato da Orsino Orsini ed il castello ancora non era quello che vediamo oggi.
Ma le informazioni esposte finora sono le uniche tracce che abbiamo a disposizione? No, il passato di Vignanello conserva altre affascinanti sorprese. In una sala del Castello Ruspoli, vicino alla cappella di Santa Giacinta Marescotti, è conservato un bel fonte battesimale appartenuto inizialmente all’antica chiesa matrice di Vignanello. Interamente scolpito in peperino, risale alla prima metà del ‘500 e venne trasferito all’interno del palazzo dopo la demolizione della chiesa romanica, avvenuta in seguito all’edificazione della nuova chiesa collegiata nel primo ventennio del ‘700. Nonostante abbia visitato più di una volta l’interno del castello, non mi ero mai soffermato ad osservare con attenzione questo manufatto, fino a che, qualche tempo fa, notai su di un lato della parte superiore lo stemma con i sei gigli della famiglia Farnese. Ignorando l’esatta epoca di realizzazione del fonte battesimale, riflettei che questo poteva essere un particolare importante al fine di datare l’oggetto, che in virtù dello stemma diveniva necessariamente successivo al 1531, anno in cui il feudo di Vignanello venne assegnato a Beatrice Farnese. Osservando meglio la posizione dello stemma stesso mi accorsi che la simmetria ne avrebbe richiesto la presenza di un altro analogo dalla parte opposta. E di chi mai sarebbe potuto essere un altro stemma, essendo i Farnese inizialmente gli unici feudatari? All’improvviso ebbi un piacevole presentimento: visto che anche la chiesa all’epoca era uno dei luoghi in cui spesso si riunivano i rappresentanti della popolazione per le riunioni, l’altro stemma poteva essere quello della comunità. Come sospettato, lo stemma c’era. Si presentava come una sorta di grande T, con delle scalfitture diagonali allineate sotto al margine superiore della sbarra orizzontale, in altre parole, ancora una volta… il pettine da cardatore (foto sopra), in una versione più simmetrica ed essenziale, di certo più antica di quella incisa sulla chiave di volta della casa della comunità (1564).
Il fonte battesimale riporta quindi sui due lati lo stemma della famiglia feudataria dell’epoca (i sei gigli Farnese) e quello della comunità di Vignanello, rappresentata dall’emblema del santo patrono. A pensarci bene è una simbologia affascinante: attraverso il fonte battesimale, ogni nuovo nato del paese, nel battesimo, faceva conoscenza con tutte e tre le istituzioni del tempo: la Chiesa, il feudatario e la Comunità.
Giunti quasi al termine di questa esposizione ad alcuni potrebbe sembrare banale o scontato che il pettine inciso sul fonte battesimale indichi il simbolo del santo patrono e sia quindi lo stemma della comunità di Vignanello, ma per quanto io ne sappia non è mai stata dichiarata espressamente questa attribuzione, tanto che sulla recente pubblicazione degli Atti delle Giornate Giacintiane, all’interno del contributo a cura di Fabiano Tiziano Fagliari Zeni Buchicchio, nella descrizione del fonte battesimale (che grazie ad un atto notarile viene datato al 1549 ed attribuito allo scalpellino Giuliano da Settignano, detto Musacco, lo stesso che darà il nome al rione Pozzo Musacchi) lo stemma con il pettine, di cui è presente la foto, viene definito semplicemente come “stemma non individuato”12.
Ma le raffigurazioni del pettine di San Biagio non si esauriscono qui. Nel corso di recenti lavori di pulizia effettuati dall’associazione I Connutti in alcuni locali sottostanti l’ex circolo ACLI, che ricordo essere stata l’antica sede della cosiddetta casa di San Biagio, sono stati ritrovati tre frammenti di ciotole in terracotta dipinta, risalenti approssimativamente al Cinque-Seicento, con raffigurato sul fondo il pettine da cardatore. (foto a lato e sotto)
Inoltre, sempre di recente, durante il lavoro di catalogazione dei paramenti della chiesa collegiata, ho avuto modo di notare lo stesso stemma, ricamato su un piviale e su un conopeo (foto a fianco), con tanto di corona superiore e cartiglio sottostante, con all’interno la scritta POPULUS VINEANELLI (Popolo di Vignanello) e la data 1833, a testimonianza che ancora all’inizio dell’800 il simbolo della popolazione vignanellese era il pettine da cardatore, posto su uno stemma che con ogni probabilità venne abbandonato soltanto con la caduta dello Stato Pontificio (1870).
L’antico stemma dimenticato di Vignanello, vecchio di almeno 500 anni, è quindi tutt’altro che scomparso: risplende alla luce del sole, fra le pietre grigie dei vicoli, si nasconde all’ombra del castello, magistralmente inciso nel peperino che vide santa Giacinta Marescotti appena nata, riposa fra i tessuti preziosi di paramenti non più indossati e sul fondo di ciotole sepolte.
Rimane soltanto un punto interrogativo: scoprire il motivo per cui la popolazione vignanellese, tanto devota al suo santo protettore, decise di mettere da parte la sua immagine, sostituendola con un nuovo stemma, al contrario di altri centri abitati vicini che conservano ancora oggi quello antico.
Un esempio emblematico è Corchiano, i cui colori sono… rosso e blu, ha per santo protettore… San Biagio, e lo stemma comunale... lo vedete riprodotto qui sotto. Nella fascia al centro c’è qualcosa di vagamente familiare, seppure molto stilizzato, o sbaglio? Per fugare ogni dubbio, se non vi è proprio chiaro cosa sia, basta leggere la descrizione dello stesso…
Note all’interno del testo
1 Archivio Comunale Storico di Vignanello (ACSV). Busta 465 – RGN21D/1 2 ACSV. Busta 465 – RGN21D/2 3 ACSV. Busta 465 – RGN21D/2 4 ACSV. Busta 465 – RGN21D/2 5 ACSV. Busta n.n. – carte sciolte 6 Archivio di Stato di Viterbo. Arch. notarile di Vignanello (ASVit – NVign). Busta 247, foglio di guardia (La pubblicazione della foto n. 7 è stata gentilmente autorizzata dall’Archivio di Stato di Viterbo). 7 ASVit – NVign. Busta 26, f. 149r 8 ASVit – NVign. Busta 26, f. 174r 9 ASVit – NVign. Busta 26, f. 211r 10 ASVit – NVign. Busta 27, f. 31v 11 A questa data risale la prima festa popolare organizzata in onore del santo patrono, attestata su un registro della confraternita. 12 AA.VV. Atti delle Giornate Giacintiane. Viterbo 2008. pag. 41 – fig. 4
|