26.02.10 Mecuccio, anche se la cosa non gli era pesata troppo e non se ne era mai lamentato, non aveva mai posseduto un cappotto che fosse stato soltanto suo, in tutti i sensi. Da bambino proprio non ce l’aveva mai avuto, ma quando ebbe dodici-tredici anni, gliene avevano fatto cucire uno ricavato da quello vecchio del babbo, dopo averlo guastato e rovesciata la stoffa. Il sarto, su richiesta di Quintilia, la madre di Mecuccio, glielo confezionò un po’ comodo, cosicché per un paio d’anni gli andò bene, verso il terzo e il quarto inverno, però, gli andava corto, stretto e più che altro era diventato corto per le braccia: le maniche gli arrivavano alcuni centimetri più su dei polsini delle camicie. Non potendo adattarglielo in alcun modo al sopraggiungere del diciassettesimo inverno, gli passarono, dopo qualche necessario e piccolo ritocco, in cappotto di Luigino, il suo fratello maggiore che in settembre era andato a fare il soldato. Stette così a posto per altri due inverni, poiché a suo fratello, il cappotto glielo passéa i’ggoverno. Giunto vicino ai vent’anni, a metà settembre, dopo la raccolta delle nocciole e prima della vendemmia, Mecuccio prese il coraggio a due mani ed alla mamma fece capire che gli sarebbe piaciuto per l’inverno ormai vicino, avere un cappotto, ma nuovo e tutto suo, fin dall’inizio. La mamma gli disse che al momento in casa non c’era grande disponibilità di denaro poiché le nocciole non erano state ancora vendute perchè il prezzo era basso. Gli assicurò tuttavia che nel prossimo ottobre, se la vendemmia fosse andata bene e il prezzo delle nocciole fosse salito un po’, se ne sarebbe riparlato. Venne ottobre, si vendemmio, si raccolsero le castagne e si vendettero ancor prima delle nocciole. Qualche soldo in casa c’era e Mecuccio lo sapeva. Una sera di fine ottobre, mentre stavano a cena, portò il discorso sul suo argomento preferito e sottopose la sua proposta di acquisto ad entrambi i genitori. Nessuno dei due si dimostrò contrario alla sua richiesta, ma gli consigliarono di aspettare novembre, per poter scegliere tra le nuove pezze che sarebbero arrivate a Elio Soprani, a Bellardino Stefani ed a Livio Annesi, i commercianti vignanellesi del settore. Il giovanotto fu d’accordo, anche perchè proprio la madre si impegnò per andare a visionare le nuove stoffe all’ultima moda appena fossero arrivate ai tre negozianti. Venne novembre. Arrivarono le prime giornate piovose e la tramontana ogni tanto si faceva sentire. Molti amici di Mecuccio, soprattutto quando di domenica si cambiavano per andare a passeggio, si mettevano il cappotto. Una mattina mentre con il babbo stava in cantina a svinare, il giovanetto tornò sull’argomento cappotto. Il padre si dimostrò ben disposto ad accontentarlo, ma gli chiese di pazientare qualche settimana ancora perchè stava trattando con un sensale per vendere la botte di vino rosso nuovo e, appena concluso l’affare, avrebbe dato alla mamma i soldi per l’acquisto della stoffa. Mecuccio anche se un po’ a malincuore, accettò pure questo ulteriore rinvio, augurandosi che sarebbe stato, finalmente, l’ultimo. Era il giorno dell’Immacolata, l’8 dicembre: il vino era stato venduto, i soldi incassati e il ragazzo pensò che i tempi dell’attesa e dei rinvii fossero ormai finiti. A metà del pranzo, fu la madre che entrò in discorso. Disse che era andata a vedere le stoffe, ma non aveva fatto l’acquisto perchè i prezzi le erano sembrati un po’ troppo alti e che era meglio aspettare qualche giorno perchè, di solito, i commercianti dopo le feste abbassano i prezzi. Poi, come a rafforzare i motivi del mancato acquisto disse che, parlando co’ ‘a Commare ‘Ngelina, aveva saputo che i sarti erano carichi di lavoro e altri capi da confezionare non li avrebbero accettati prima di una mesata. Un po’ amareggiato e deluso, Mecuccio non riuscì a controbattere le argomentazioni della madre e incassò. Quello che però lo rattristava di più era il fatto che non se la sentiva, con le giornate fredde che si prevedevano per le Feste, di presentarsi, così, lindo e pinto, senza cappotto, davanti a Mirella, la ragazza che gli piaceva e con la quale da qualche tempo aveva scambi di sguardi molto promettenti. Avrebbe voluto fermarla, per chiederle se voleva mettersi a fà ll’amore con lui, però gli sarebbe piaciuto presentarsi se non altro, ben vestito. Passò Natale, passò Capodanno e se ne andò la Befana. Ancora una volta il giovanotto chiese ai genitori i soldi per acquistare la stoffa per il cappotto. Ettore, il padre, gli disse che i soldi in casa c’erano, ma al momento servivano urgentemente per comperare le canne, i pali spaccati e i vinchi per legare le viti; c’era poi da comperare da Adriano Chiricozzi il concime e il nitrato armonico per le nocchie, e ‘a celammite per il grano. Mecuccio non poté negare l’evidenza, in fin dei conti la campagna andava coltivata e tenuta bene, era la fonte del loro sostentamento. Al tempo stesso però, cominciava quasi a disperare di poter indossare il cappotto nuovo e poi, questo era il suo più grande cruccio: non aveva potuto ancora fermare Mirella e, per maggior pena, qualche altro moscone ultimamente le ronzava intorno e lui rischiava di arrivare tardi. Era venerdì 21 gennaio, Mecuccio era andato, da solo, a finir di potare il vigneto a Ponzano. Per tutto il giorno non aveva fatto altro che pensare e ripensare alle argomentazioni da mettere in campo, la sera a tavola, per convincere i genitori ad acquistargli, finalmente, quella benedetta stoffa per il cappotto. Questa volta però, era fermamente deciso a non lasciarsi abbindolare e a non accettare altro rinvio, qualunque ne fosse stato il motivo. Arrivò a casa che era quasi notte, si dette una ripulita alla meglio ed andò a fare quattro chiacchiere con gli amici, giù alla Valle. Quando rincasò per la cena, il padre stava seduto vicino al camino e la madre stava portando a tavola i’ppane mollo d’i’merluzzo, un piatto che gli piaceva molto. Si misero a tavola e verso la fine del pasto, Mecuccio affrontò l’argomento cappotto, cercando di dire le sue ragioni, senza urtare la suscettibilità dei genitori. La madre si mostrò subito d’accordo con lui, come pure il padre, che diede alla moglie il benestare per l’acquisto, da farsi quanto prima. Dopo essersi alzato da tavola, e prima di mettere il cappello per uscire e andare al bar, come faceva tutte le sere, il padre si fermò un attimo. Passandosi le dita tra i pochi capelli rimastigli e, come se cercasse qualcosa che gli sfuggiva, si rivolse al figlio:
Mecuccio rimase senza parole, spiazzato, come intontito. Il padre si mise il cappello, accese la sigaretta, e andò al bar.
|