13.02.10
...e per ogni mese, un Vignanellese
di Tommaso Marini

FEBBRAIO  2010

Reno Soprani: un piccolo ricordo… ma non solo!

Stimolato da un invito rivolto dalle miriadi di lettori e frequentatori del sito Il Puzzoloso, rispondo, con entusiasmo, all’appello che mirava a ricordare un “pittoresco” personaggio vignanellese:

Reno Soprani
23.12.1921 - 12.08.1995

La circostanza, inoltre, permette di rivisitare e rivalutare il carattere e lo spirito profondo di un uomo mai pienamente “interpretato” dal suo prossimo, anzi così poco considerato, da risultare quasi un personaggio “alieno”, un individuo dal “non senso”.

Il racconto obbliga, necessariamente, all’effettuazione di una rapida carrellata di quelle che erano le abitudini paesane di quel periodo, la ineguagliabile fantasia nell’ideare passatempi ad uso e consumo di chiunque volesse partecipare ad un gioco ricorrente: ingannare il tempo!

Si era intorno alla metà degli anni sessanta, anni di gioventù, spensieratezza e voglia di trasgredire.
Per non molti di noi il mattino era dedicato agli impegni scolastici ed il pomeriggio ad un po’ di studio e calcio, per molti altri il lavoro era l’abituale occupazione. La giornata si concludeva, dopo cena, con una breve partita a carte o al biliardo, nei locali del Circolo A.C.L.I. (il famosissimo Bottegone !), partita che si protraeva fino alle 22,00 circa.
In alternativa si poteva optare per il cinema, il “Cine Cimino” ed il “Cinema Comunale” proiettavano, a giorni alterni, films dal lunedì al venerdì. Il sabato e la domenica le proiezioni avvenivano in contemporanea. Attualmente non esiste alcuna sala cinematografica: segno evidente di come gusti, mezzi ed interessi siano radicalmente mutati.
La nostra esistenza trascorreva monotona fino al sabato mattina di ogni settimana, di ogni mese, di ogni anno!
Il pomeriggio del sabato, la sera del sabato e la notte del sabato (e quasi sempre anche la domenica mattina), lasciavano spazio a ciò che prima ho definito gioventù, spensieratezza e trasgressione.

I Bar del paese chiudevano i battenti intorno alle ore 23,00 – 23,30. Noi del “Bottegone”, più giovani, percorrevamo il Corso Matteotti e, riuniti a ragazzi più grandi che frequentavano il Bar di “Rocchietto” ed il Ristorante “Roma” ci incamminavamo per Via Cavour fino a raggiungere gli “smaliziati clienti” del Bar di Gino Croce. Il terrazzino naturale, posto di fronte alla Frutteria di Peppino (Giuseppe Piermartini) e che guarda verso la stazione della Ferrovia Roma–Nord (Via della Cupa), era lo spazio dedicato all’adunata, era il punto di inizio di qualsiasi iniziativa e/o della trasgressione prefestiva (non c’erano, allora, discoteche, alcool o droghe che necessitassero per l’evasione: eravamo molto più “ruspanti”!).

Si fissava il programma della serata e nottata, si lanciava qualche sfida, si scommetteva qualche soldo e poi iniziavano quelli che tutti definivano “i passatempi del sabato” (compagnie rigorosamente maschili!).

Non esisteva un luogo preciso per dedicarsi a queste “attività”. I luoghi erano i più disparati a seconda della “bravata” da perpetrare. Gli orari andavano dalle ore 23,30 – 24,00 circa fino al termine delle manifestazioni! (non prima delle ore 02,00 – 03,00 ed anche 04,00 della domenica).
Ci si aggregava, solitamente, a persone più “grandi” che scommettevano su tutto !

Si “correva” in macchina: percorso Fontana della Para – Chiesa di S. Sebastiano (i campioni erano, oltre a Piero Stefani, con la sua 500 e già osannato in un’altra mia “fatica”, Francesco Spalletta detto Checco ‘a Bianchina o Checco Abarth, in quanto proprietario di una Fiat 850 Abarth TC dalla “ripresa” eccezionale e Mario Carosi detto Scarpa Bianca, così denominato per il colore delle calzature abitualmente ostentate, proprietario di una Renault R4 velocissima).

Si “correva “ in bicicletta: percorso Vignanello – Soriano – Bivio montagna – Canepina – Vignanello ( i competitori erano in numero rilevante e le contestazioni continue!)

Si “correva” a piedi: percorso Vignanello–Viterbo, Km. 18 circa (prova effettuata da due soli concorrenti, il sottoscritto (tempo 1h 28’) e Checco ‘a Bianchina che, ad onor del vero, non concluse la gara per l’ammissione di sconfitta, da parte degli scommettitori contrari, in prossimità della Caserma Allievi Sott’ufficiali dell’Esercito (tempo 1h 45’)).

Si giocava a “battimuro” o a “quadrato” con monete da Lit. 500.

Si giocava a “testa o croce” con banconote da Lit. 1.000 (a volte anche Lit. 5.000).

Forse non tutti i lettori conoscono i giochi e le regole: prometto che, in altra occasione, enuncerò quelle basilari.

Facevano parte della brigata , oltre ai già citati “corridori”, Stefano Rompietti, Sergio Mecozzi (Riccapopoli), Alfonso Ceccarelli (Fiffi), Otello Annesi (Barracane), Cesare Ferrazza, Cesare Stefani (Cesarino danimarca), Giuseppe Carramusa (Pippo ‘i siciliano), Augusto Salvatori (Zappone), Enrico Santi (Ciaccaova), Luigi Antonozzi, Salvatore Gnisci (Nuzzo), Antonio Mezzopra, Mario Stefani, Biagio Ziaco, Mario Tusoni, Franco Grattarola e tanti altri più o meno giovani, di cui ho rimosso la memoria.

Qualche serata, meno palpitante, si trascorreva in cantina organizzando una cenetta a base di bertolacce e porchetta oppure fave e pecorino poi, un po’ sbronzi, si andava per il paese ad infastidire, rumoreggiando, coloro che dormivano.

Ecco, il piccolo ricordo di Reno Soprani nasce da una serata e nottata proprio come questa ultima, una delle tante tiepide serate di fine estate.

Ci si era accordati (noi amici di sempre) per una serata tranquilla e decidemmo di organizzare una cena in cantina.

La cantina era quella di Natale Seralessandri (papà di Loreto) a Santa Lucia, la porchetta era fornita da Guido Tabacchini e preparata dal padre Domenico, le bertolacce erano quelle di Lella, madre di Peppinello Ercoli (la cara Lella che, conoscendo i miei gusti, non dimenticava mai di prepararmene una piccola quantità “senza formaggio”), il pane era fornito da Angelo Fornasiero e sapientemente preparato dal padre Aldo: eravamo quasi in autonomia alimentare!
Facevano parte della comitiva Geo Gazzarini, Luciano Stefani, Luigi Ceccarelli, Sergio Mastrangeli ed il sottoscritto.
L’appuntamento era al solito posto, alla solita ora: Bottegone, ore 20,00.

All’uscita dal Circolo incontrammo Reno che, proprio allora, usciva dal portone di casa, ben coperto come lo era in tutte le stagioni e con la sua immancabile sigaretta.

Reno era un personaggio curioso, pochi amici e molti conoscenti, usciva pochissimo di giorno e, presuppongo, passasse gran parte del mattino al letto. Era un fumatore “irrecuperabile”, sapeva suonare discretamente la chitarra (strumento che custodiva gelosamente in una custodia di velluto color amaranto) ed usciva da casa dopo le 20,00 perché era un “animale notturno” anzi “un ucello notturno”, come amava definirsi. Carattere introverso, in un primo momento era facilmente percepibile tutta la sua timidezza ma poi si scopriva quanto avesse voglia di parlare ! Non era per le lunghe conversazioni, il suo dialogo si componeva di frasi spesso scollegate tra loro e senza apparente significato. In effetti, ripensando ad alcune sue stravaganti affermazioni si riusciva persino a cogliere l’espressione del suo animo: dolce, timido, spaventato, bisognoso d’affetto, forse d’amore. Credo che solitudine e depressione fossero le sue “malattie”, perché chi conosce la musica non può non avere un animo nobile, tenero e sensato !

Qualcuno di noi propose di invitarlo a cena ed il consenso fu totale.

L’intenzione era quella di divertirsi per le sue strane battute, per quel suo modo di esprimersi, per la sua sigaretta in bocca munita di una lunghissima parte di cenere saldamente fissata al mozzicone acceso, per quel suo eccessivo accento romanesco che lo rendeva un po’ ridicolo ed anche per avere un po’ di musica nel corso della permanenza conviviale.
La serata non fu male, anzi furono apprezzate tantissimo le capacità musicali e canore di Reno. Si era andati con l’intento di beffeggiarlo e non avevamo considerato l’idea di poter così tanto apprezzare la sua bravura.
Facemmo i nostri sinceri complimenti mentre lui non finiva più di ringraziare per la gratificazione tributatagli. Era particolarmente felice dei nostri commenti, si scherniva con ripetitive frasi di circostanza e cercava di sminuire quelle che realmente erano le sue capacità.
Forse per la complicità del buon vino, parlava a non finire, raccontando di alcune manifestazioni musicali, a cui aveva partecipato, e di alcuni premi ricevuti (restammo tutti un po’ scettici delle sue rivelazioni artistiche, ma avemmo tutti la sensazione che la cosa potesse essere vera!)
Nel frattempo, la stima che avevamo manifestato nei suoi confronti era riuscita a trasformarlo: dimostrava maggior sicurezza nelle affermazioni, era sensibilmente diminuito l’irrefrenabile bisogno di fumo, si esprimeva con una dialettica più sensata, rideva di cuore senza più la necessità di coprirsi la bocca con le mani, per nascondere, credo, la mancanza dei denti incisivi, ad eccezione dell’unico presente nell’arcata inferiore che “troneggiava” al centro della bocca. Fu quella la circostanza nella quale Geo coniò il nomignolo di “Reno dentino”.
Sicuramente notammo una personalità diversa, forse la sua vera personalità: quella che non era mai riuscito a far emergere.
Era pieno di consigli, di raccomandazioni, di attenzioni e di affetto, proprio come potrebbe esserlo un fratello maggiore: fummo colpiti da tanta dolcezza!
Per la verità fummo colpiti anche dalla sua eccezionale forza di braccia: riuscì a sbaragliarci tutti in una gara di “braccio di ferro”!

Il “succulento banchetto” si protrasse, tra tanto cibo, molta musica e notevole quantità di vino, fino alle ore piccole.
Avevamo ampiamente superato la mezzanotte quando ci “avventurammo” nella seconda parte della serata.
Da Santa Lucia percorremmo, suonando e cantando, l’intera via don Aniceto Bracci, Via Roma, Via Cavour, Via San Rocco per giungere in Località “Colonnetta”.

Purtroppo gli eventi ci avevano preceduto ed all’incrocio con Via Vignola venimmo fermati da una pattuglia di Carabinieri, avvisati da chi sa chi, comandata dal Maresciallo Veneto Vittori, uomo corpulento, eccezionale per generosità, comprensione e disponibilità.
Venimmo redarguiti per il comportamento tenuto, fornimmo le generalità e venimmo informati di una possibile denuncia per schiamazzo notturno in centro abitato.

Eravamo tutti abbastanza addolorati per l’accaduto e restavamo muti ad ascoltare la giusta ramanzina, quando Reno, forse per la compagnia che gli avevamo offerto, per il fatto di essere il più anziano del gruppo ed anche nell’idea di essere il tutore di tutti noi, abbandonò la sua abituale timidezza prendendo la parola e cercando di sminuire il fatto.

Ricordo ancora le sue parole ed il tono romanesco nell’accento, che usò rivolgendosi al Comandante Vittori:

“A marescià, ma quale “centro abitato” e “centro abitato”! Questo, per piacere, è il “centro bivio colonnetta”! E poi qui, chi più chi meno, sempre per piacere, semo tutti artisti: nun senti ‘a chitara? dlen, dlen (con un accenno di accordo) Chiama mamma!”

Quel “semo tutti artisti” doveva sembrare, per Reno, la giustificazione ad una stravaganza accettabile, proprio come lo sono le stranezze coniugabili, in generale, all’arte.
Non sapemmo mai se quella uscita di Reno ci risparmiò ulteriori conseguenze casalinghe; sta di fatto che il maresciallo Vittori che conosceva il personaggio, capì che avevamo tutti bevuto qualche bicchiere di troppo, fece finta di non averci incontrato e ci consigliò di prendere velocemente la strada di casa.
Tutti lo ascoltammo e mestamente sciogliemmo la brigata .

Vignanello, li 13 Febbraio 2010