27.11.10
...e per ogni mese, un Vignanellese
di Tommaso Marini
NOVEMBRE 2010
Il Centravanti Claudio Lupi (Lalli)
1946 - 1999
La
squadra del Vignanello:
un sogno, realizzatosi, di due bambini.
In questo mese di novembre desidero raccontarvi una storia
semplice. Una storia che vi permetterà di conoscere un personaggio, a
cui sono molto legato da comuni emozioni vissute nel periodo
dell’adolescenza e della gioventù, quando tutto è gioia, amicizia,
ardore e quando tutto rimane scolpito in modo indelebile nella memoria
di ognuno.
E’ la storia dedicata al ricordo di un uomo comune, di un
simpatico amico che, forse, ho apprezzato poco nel periodo di
frequentazione ma che ho stimato e rivalutato in periodi successivi per
la schiettezza, la sincerità e la disponibilità dimostrata in
tantissime circostanze.
Questa storia mi offre anche l’occasione di ricordare tanti
altri adolescenti, con cui trascorrevo gli interminabili pomeriggi
estivi, con cui condividevo passioni instancabili, con cui sognavo un
avventuroso futuro.
Chiunque abbia letto uno solo dei miei “personaggi” avrà
avuto occasione di notare come gli anni della mia infanzia e della mia
gioventù fossero anni con abitudini e usanze completamente diverse
dalle attuali. Per molti giovani ciò che descrivo nei miei racconti può
sembrare perfino noioso e, forse, incredibile, ma il piacere del ricordo
credo che rallegri uomini e donne più maturi.
In quei tempi
non si conosceva il valore dei soldi, non c’era la pressante
ossessione della macchina, non vestivamo “griffati” né avevamo
tanti abiti per il ricambio: ne possedevamo due, l’abito di tutti i
giorni e quello della domenica. Chi aveva un terzo vestito, per
cambiarsi nel corso della settimana, era un benestante.
Anche le scarpe erano in numero limitato, dovevano durare a lungo
e servire per tutte situazioni: una buona dose di “lucido” per
mantenere il colore ed un rinforzo consistente delle suole con una
accurata “imbollettatura”.
La vita di tutti i giorni era molto più calma, più compassata,
più tranquilla. Le porte di tutte le case avevano la chiave sulla toppa
e si poteva entrare, senza bussare, in una qualunque casa di conoscenti
e vicini, si poteva giocare e “schiamazzare” per l’intera giornata
lungo le strade quasi deserte, si veniva quasi dimenticati e lasciati in
balia di se stessi: senza grave pericolo, senza insidie.
Era molto più
sentita l’amicizia, erano condivise le difficoltà da affrontare ogni
giorno, era naturale, direi quasi dovuto, l’aiuto prestato a chi ci
era parente o amico o conoscente: valori quasi completamente
dimenticati.
Anche tra
adolescenti valevano gli stessi concetti e per questo nascevano e
perduravano amicizie irripetibili, amicizie che venivano rafforzate da
usanze che si trasformavano in parentele; “le comparanze” rimanevano
eterne ed erano quelle del padrino di battesimo e di cresima che legava
tra loro diverse generazioni (ricordo mio nonno Romolo che cresimò il
“compare Parigi Natili”, che cresimò mio padre Caio, che cresimò
suo figlio Ignazio, che cresimò il sottoscritto) e tale legame era da
considerarsi un fortissimo vincolo di sangue.
Per noi più
piccoli i legami affettivi nascevano dalla frequentazione giornaliera,
dalla condivisione dei pochi balocchi, dai giochi che si consumavano
insieme, dall’incosciente sprezzo del pericolo, dalla connivenza nelle
piccole malefatte, dagli sport praticati in maniera quasi primitiva
(spade, archi, corse in bici, guerra tra rioni, scoperta di catacombe,
la fontana di Pinocchio, il pallone).
La passione più grande per noi tutti era il calcio, il
“giocare a pallone”, come tutti noi, immaginari campioni, definivamo
tale sport.
Il campo di calcio era uno spiazzo qualunque, spesso comprendeva
anche la strada che lo attraversava, come quello formato dallo spiazzo
di fronte al mulino Petti (il cui ingresso costituiva una delle due
porte), un breve tratto di Via San Rocco, ed il palazzo opposto al
mulino (il cui ingresso del garage costituiva la seconda porta).
Successivamente,
in parte per l’aumentato traffico ed in parte per l’aumento
consistente dei partecipanti al gioco, ci spostammo in Via della
Stazione.
Si utilizzava il
corridoio di separazione fra il retro delle fabbriche situate su tale
via ed il retro delle fabbriche situate in Via San Rocco. Era una
superficie che sembrava lasciata appositamente per i nostri scopi:
ricavammo una specie di campetto che divenne in “nostro” campo di
gara ufficiale.
I compagni di gioco erano sempre gli stessi: Mauro Ceccarelli,
Bruno Sandro Ceccarelli, Giorgio Salvatori, Roberto Decini, Gabriele
Bonifazi, Giuseppe Rizzi, Sergio Nardi, Guglielmo Lorenzo, Emilio Petti,
Igino Stefani.
“La conta” permetteva, a due capi squadra, di scegliere i
compagni di gioco: uno per volta ed in modo alternato, fino
all’esaurimento dei giocatori presenti.
Con il passare del tempo molti ragazzi di altri quartieri del
paese si aggregarono al nostro gruppo calcistico ed utilizzarono il
“nostro” campo sportivo. Si costituirono piccole squadre rionali e
ci si affrontava in interminabili “tenzoni”: c’era la squadra di
Talano, la squadra di Piedisole, la squadra della Piazza, la squadra del
Molesino, la squadra della Valle e c’era la nostra squadra della
Stazione (San Rocco era in fase di edificazione e l’ultimo fabbricato
era ancora il Mulino Petti e poi casa Orsolini quasi prossima alla
Colonnetta).
In questo modo conobbi un numero rilevante di ragazzini che, come
me, amavano il calcio: Francesco Chiricozzi, Romolo Cagnetti, Tommaso
Lelli, Luigi Antonozzi, Giovanni Lelli, Angelo Fornasiero, Nicola
Piermartini, Sergio Mastrangeli, Carlo e Giacomo Antonaroli, Loreto
Seralessandri e tanti, tanti altri, compreso il nostro eroe Claudio Lupi
detto Lalli, che fu avversario temutissimo.
Quando decidemmo di andare ad assistere ad una vera partita di
calcio al campo sportivo “Ruspoli” (Talano 1957), scoprimmo qualcosa
che non credevamo potesse esistere, uno spazio infinito per “giocare a
pallone”. Non lo dimenticammo più! Quella visione cambiò le nostre
aspirazioni e decidemmo che, per il futuro, i nostri “infiniti
scontri” si sarebbero svolti in quell’immenso spazio di gioco:
costasse quel che costasse!
Alla fine degli anni
cinquanta iniziò un sacrificio sportivo che aveva dell’incredibile:
nel primissimo pomeriggio ci si adunava alla Valle, si proseguiva per
Via Roma, poi per l’angusta e ripida Via Talano, quindi per la
dissestata Via dei Castagni fino al vecchio Campo Sportivo
“Ruspoli”, predisposto, allora, in maniera frettolosa (solo
un’area pianeggiante e due porte spoglie che venivano munite di rete
solo in caso di partite ufficiali del Gruppo Sportivo Vignanello), ma
circondato da secolari piante di castagno che fornivano un po’ di
refrigerio nelle calde e soleggiate giornate estive.
A volte, per avere un poco d’acqua a disposizione, si
percorreva Via Roma per un tratto più lungo, si giungeva in prossimità
del culmine di Monte Sforza (all’altezza del numero civico 75 di Via
Roma) dove si poteva attingere acqua per le bisogna (quella fonte è
ancora funzionante ed è stata munita di capiente vasca di raccolta).
Non avevamo
divise di gioco né avevamo bisogno di spogliatoi, tra l’altro
inesistenti: solo una maglietta leggera di colore diverso per le squadre
contendenti e via… la partita aveva subito inizio.
I nostri “incontri”, anzi “scontri”, terminavano con
risultati impossibili:
42 a
37,
50 a
15 e una regola che veniva posta in aggiunta consisteva in un calcio di
rigore ogni tre corner!
Quando una
partita era molto equilibrata, e quindi venivano realizzati pochi goal,
terminava con non meno di una quarantina di reti; l’incontro non aveva
intervallo o sostituzioni, durava fino a quando era visibile quella che
tutti credevamo fosse una “sfera da calcio” o fino al momento in cui
si faceva innervosire il proprietario del pallone che se ne andava,
portando con se l’unico elemento essenziale alla prosecuzione
dell’incontro.
Claudio Lupi,
anzi Lalli, come tutti eravamo abituati chiamarlo, era parte essenziale
di questa giovane e nutrita schiera di “future speranze calcistiche”
e con lui avevo in comune la grinta, l’agonismo e la testardaggine di
volere sempre più e sempre meglio.
Non eravamo
“amici”, se questo termine poteva essere usato in tali frangenti, ma
nutrivamo rispetto reciproco e stimavamo la rispettiva serietà e
l’impegno.
Ecco, questa fu la grande passione che ci fece incontrare: prima,
poco più che bambini, in interminabili incontri di calcio che avevano
luogo in quel vecchissimo campo sportivo dalle ore 15 al tramonto, con
palloni approssimativi e scarpe “di tutti i giorni”, costantemente
spuntate e con suole aperte, poi, quattordicenni, nel primo campionato
Juniores che disputammo nella stagione 1960 – 1961, possibile per la
passione infinita di Attilio Annesi, Settimio Agnocchetti e Innocenzo
Fiorentini.
La Formazione di quel primo Campionato? Eccola:
Chiricozzi F., Mastrangeli S., Cagnetti R., Marini T., Menichelli, Lelli
T., Ceccarelli M:, Antonozzi L., Lupi C., Ceccarelli S., Gionfra T. (Ris.:
Lelli G., Antonaroli G.).
Passarono gli
anni ed alcuni di noi approdarono in Prima squadra. Della formazione
appena ricordata rimanemmo appena in tre: Lalli, Mauro Ceccarelli ed io.
Ci furono nuovo compagni di squadra (anche forestieri), nuovi
Presidenti, nuovi allenatori ma rimasero sempre il carissimo Innocenzo
(Enzo) Fiorentini, l’impagabile Attilio Annesi e l’inossidabile
Settimio Agnocchetti.
I Presidenti che
si alternarono alla guida del GS Vignanello furono il Comm. Paride
Marini (giornalista insigne), Mauro Alberti (Direttore della locale
Banca del Cimino), Alfieri Fioravanti (Direttore dell’Esattoria
Comunale), Triestino Graziotti (commerciante, che sponsorizzò tute e
borse dei calciatori con la scritta “Graziotti Vini Vignanello”: fu
una soddisfazione immensa e, in quei tempi, unica!) e Alfeo Petti, papà
dell’attuale Presidente del G.S. Vignanello
Gli allenatori furono Giuseppe Ceccarelli (Peppe i’ Tamburino),
Umberto (Bebbo) Salvatori, il maestro Dino De Nicola, Livio Chiricozzi,
Giuseppe Annesi ed il Sig. Pancia (romano).
I compagni di
squadra furono infiniti e mi risulta impossibile ricordarli tutti !
Proverò a fare qualche nome iniziando dai vignanellesi: Mario Testa,
Gino Ceccarelli (detto Piola che, a detta di Settimio: “’ea
seccato i’ castagno dietro ‘a porta, a forza ‘e pallonate!”),
Silvano Lelli, Bruno Caccia, Nazzareno Pacelli, Gioacchino Bracci, Luigi
Stefani, Biagio Baldassarra, Giovanni Lelli, Mauro Bracci, Francesco
Cioccolini, Sandro Mastrangeli, Angelo Poleggi (Pizzaballa), Antonio
Annesi, Domenico Ciambella ed altri.
Qualche anno più
tardi avvenne la “fusione” con
la SS
Valleranese
, conoscemmo ancora nuovi compagni: Roberto Mariani Piccioni, Marcello
Antonozzi, Ginetto Chiricozzi, Adolfo Piccioni, Gianni Piccioni. La
fusione portò subito i primi frutti con la vittoria nel Trofeo San
Famiano a Gallese. Questa la formazione:
Mariani, “Bomboletta” (non ricordo il cognome), Antonozzi,
Chiricozzi, Marini, Santaroni A., Ceccarelli, Santaroni F., Lupi,
Piccioni A., Piccioni G.; Presidente Paride Marini; Allenatore: Livio
Chiricozzi.
Vennero poi i civitonici: Menichelli (fu il primo
“forestiero” e partecipò al campionato juniores del 1960 – 61),
Milvio Angelelli, Vasco Tuia, Antonio Campagna (Pluto); i gallesani:
Chiacchierini, Tronati, Ennio Rinaldi, Scarlaccini, Orlandi, Ciroli; i
vasanellesi: Renzicchi, Orlandi, Pieri (Brill), Carlo Mecocci; i
viterbesi: Betto Baruzzi, Ezio Piacentini; i ronciglionesi: i fratelli
Santaroni; ed infine i “militari” della VAM: Biccari, Fabrazzo, Di
Giorgio, Paganelli e Enrico Piccioni.
Tutte queste
emozioni, vicissitudini, avvicendamenti, cambi di ruolo, vittorie,
sconfitte, gioie, dolori, infortuni, squalifiche, errori, acclamazioni,
fischi, pianti, abbracci, premiazioni, delusioni sono state vissute
insieme: Lalli ed io per anni ed anni (almeno una quindicina), unici
vignanellesi in una squadra di “forestieri”.
Ecco, forse ora riuscirete a capire ciò che ci legava: non
eravamo gli “amici di tutti i giorni”, ma i forti sentimenti
convissuti ci rendevano tali. La stima e la rivalutazione, di cui
parlavo all’inizio di questo scritto, fanno riferimento proprio a
questo senso di comunione che ci coinvolse e che ci fece sembrare
un’unica persona: quasi in simbiosi, in una sentita comunione di
spirito.
Voglio
ricordare, anche in onore al caro Lalli, la squadra da cui ricevemmo le
maggiori soddisfazioni sportive, una compagine eccezionale che, lui ed
io, non dimenticheremo:
Biccari, Fabbrazzo, Renzicchi, Di Giorgio, Angelelli, Santaroni A.,
Lupi, Piccioni, Marini, Paganelli, Piacentini (in quella mia ultima
stagione calcistica, 1967/68, “strappai” la maglia n. 9 al caro
Lalli, ma lui mi avrà senz’altro perdonato!)
Per tornare a Claudio, desidero ricordarlo nel quadro delle tante
emozioni descritte e per le capacità atletiche che lo
contraddistinguevano.
Dicevo che la
sua è una storia semplice: ed è vero! E’ anche una storia triste,
finisce male e troppo
presto: ed è altrettanto vero!
CLAUDIO LUPI nasce a Vignanello, Piedisole, il 04.01.1946 da
Giuseppe (Nicolino, 1911 – 1974) e da Eda Ceccarelli (Eda ‘a roscia,
1917 – 2008).
Lalli, questo il nomignolo con cui tutti lo abbiamo conosciuto,
era il più vecchio della nostra classe: il 1946.
Il 1946 fu, per
Vignanello, una delle annate più proficue: videro la luce ben 128 nuove
anime, frutto della fine della Guerra.
Molte cose mi accomunavano a Lalli ancor prima della nascita:
amicizia delle rispettive madri, analoghe esperienze militari per i
rispettivi padri, identica classe di nascita e carriera scolastica dei
rispettivi fratelli maggiori: entrambi nati nel 1940 ed entrambi
diplomati in Ragioneria.
Tutto era il
probabile segno di una futura condivisione di eventi che si concretizzò
e rimase quasi inscindibile: dal 1952 al 1957 per motivazioni
scolastiche, dal 1957 al 1968 per motivazioni sportive e che seguitò
poi, per passioni comuni di divertimento, fino ai primi anni settanta.
Lalli non amava lo studio e, come diceva suo fratello Mario
(compagno di viaggio sul trenino delle 07,10), preferiva il lavoro.
Conseguì la licenza elementare ed iniziò, da tenero apprendista, la
sua carriera di pittore edile.
La scelta del
lavoro, anziché della formazione scolastica, era molto frequente
all’epoca e, di certo, i genitori non scoraggiavano la volontà dei
figli, che preferivano imparare un sicuro mestiere piuttosto che
sacrificarsi sui libri.
Una grande passione, però, aveva riempito da sempre il cuore di
Lalli: il calcio. Ma non il calcio parlato (nonostante fosse romanista
sfegatato), il calcio giocato.
Fu anche
cacciatore, pescatore, micologo, amante del Carnevale e quindi del
divertimento e del ballo, ma il calcio non trovò mai “sostituti”.
Ho già detto
che la sua carriera sportiva ufficiale ha inizio, nel 1960/61, con la
partecipazione ad un Campionato Juniores commovente.
L’anno
successivo entra a far parte della prima squadra e partecipa al
Campionato di Terza categoria : molti allenamenti e poche partite per
motivi d’età.
Trascorre un
altro anno e finalmente l’esordio ed il posto in Prima squadra.
Nel 1971 si
unisce in matrimonio con la “sua” Fernanda, ma questo evento non lo
distrae dalla sua passione; nel 1972 nasce Giuseppe che, come il padre,
sarà pittore edile e appassionato micologo e nel 1975 nasce Gabriele
che erediterà lo stesso trasporto per il gioco del calcio. La famiglia
Lupi cresce, emergono nuove esigenze, gli impegni quotidiani, il lavoro
pressante, ma niente riesce ad allontanare Claudio da quella sua
“insanabile dipendenza” per il calcio.
Lalli militò
nel GS Vignanello, suo unico “amore”, per una ventina di anni. Venti
anni di carica agonistica ineguagliabile, e fu uno stimolo costante per
tutti.
Il suo parlare,
rapido ed essenziale, era ubriacante come il suo dribbling, veloce come
le sue discese da centravanti ed essenziale come la sua collaborazione
nel gioco di squadra.
Lalli non aveva
grande statura, ma non temeva gli avversari che lo sovrastavano in
altezza; la sua elevazione nel colpo di testa ed il suo tiro potente
impensierivano difensori e portieri.
Il suo carattere
battagliero si trasformava spesso per una parola di conforto ed
incoraggiamento ai compagni in difficoltà e gioiva, come gioisce un
bambino, per ognuna delle tante conclusioni a rete: in tali circostanze
assumeva un’espressione sorridente e dolce che faceva tenerezza.
Dicevo che Lalli
aveva un carattere battagliero, nello sport come nella vita e nemmeno la
terribile malattia che lo colpì, nel 1998, riuscì ad intimidirlo.
Anche in quella
circostanza Lalli vestì la sua casacca di calciatore per disputare la
partita più difficile della sua carriera agonistica, lo scontro più
arduo della sua vita.
Ricordo che lottò,
lottò con quella grinta che lo distingueva, lottò con quella sua
passione sanguigna ma i suoi dribbling, le sue finte, le sue discese
veloci, i suoi tiri potenti, la sua esperienza di “navigato”
calciatore a nulla servirono contro un avversario “professionista” e
spietato: il cancro!
La “partita”
si concluse nei “tempi regolamentari”, mentre Lalli avrebbe dovuto
avere almeno l’onore dei “supplementari”: per vivere un po’ la
famiglia, i figli, gli amici.
Il triplice
fischio relativo alla conclusione della sua ultima partita arrivò,
dolorosamente, il 13 Luglio 1999: Claudio Lupi, Lalli per tutti, aveva
53 anni e la sua storia commosse il paese intero.
Nel 1995
l’Amministrazione Comunale di Vignanello volle assegnargli un meritato
riconoscimento: OSCAR DELLO SPORT “Per il contributo dato allo sviluppo dello sport in ambito locale”.
Niente di più semplicemente vero!
La dolorosa
sorte di Claudio Lupi mi spinge a ricordare altre tre care persone con
cui militammo insieme nel GS Vignanello e che, purtroppo, conclusero
troppo presto la loro esistenza: Milvio Angelelli (1941 – 1973) di
Civita Castellana, un gladiatore invincibile in difesa, deceduto per una
tragica circostanza nel corso della sua attività lavorativa, Marcello
Antonozzi (1944 – 1986) di Vallerano, terzino insuperabile,
combattente leale e persona cordialissima, deceduto in seguito ad un
incidente stradale e Domenico Ciambella (1951 – 1993) di Vignanello,
difensore valente e tenace, deceduto per un male incurabile.
Per tutti loro,
strappati dalla vita troppo presto, vorrei esortarvi ad un attimo di
raccoglimento e riflessione, ringraziandovi sentitamente a loro nome
Vignanello, li 27
Novembre 2010
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