05.02.11
Io credo nel destino… e voi ?
di Umbe1921


Giugno 1942, da Vergato in provincia di Bologna, quale militare dell’11° Fanteria, venni inviato in licenza per esami di abilitazione magistrale.

Al ritorno il mio Reg.to si era spostato a Bentivoglio (Nord di Bologna) quindi fui inviato ad un centro di raccolta proprio a Bologna.

Qui inizia la roulette della mia destinazione futura.

Ogni mattina un sergente chiedeva se qualcuno volesse essere destinato in Jugoslavia; ed alcuni accettarono. Altri nei giorni che seguirono furono destinati, sempre su richiesta, in Grecia od Albania (a quel tempo nazioni tranquille e da tenere solo sotto controllo). Io come si suol dire, rimasi al palo. Al che il solito sergente, non avendo accettato alcuna delle suddette destinazioni, mi disse che con questa decisione avrei dovuto raggiungere il Reg.to e quindi, non per mia scelta, seguire la sua sorte.

A Bentivoglio il Reg.to era già pronto per partire… destinazione Russia.
Non sto a raccontare la mia storia di guerriero, ampiamente descritta in films e documentari, ma, il mio rapporto con il destino. 

A fine novembre dello stesso anno, dall’ansa bassa del Don, ove ero dislocato (direi a circa 150 metri dalle truppe nemiche), per normale avvicendamento, rientrai al comando Reg.to, ma solo per pochissimi giorni in quanto, tra il 9 ed il 10 dicembre iniziò l’attacco russo alla nostra divisione.

Dovendo rientrare al fronte per contrattaccare, al comando doveva restare una squadra di soldati a guardia della polveriera. 

Nessun caposquadra se la sentiva di restare, considerando la polveriera un obiettivo pericoloso. Mi fu chiesto, dal Capitano, se io lo volevo, al che, come nel caso di Bologna, lasciai che la sorte decidesse per me. E restai.

Questo mi consentì, quando iniziò il ripiegamento, ad avvantaggiarmi nella ritirata.
Altro segno del destino. Durante la ritirata iniziarono i primi segni del congelamento.

Alcuni di noi furono ospitati in una isba con solo donne le quali pensarono subito ad attenuare, con degli unguenti particolari, il crescente dolore ai piedi. 

Purtroppo invano in quanto, quasi subito dovemmo continuare a ripiegare per la rapida avanzata delle truppe russe. Con i piedi avvolti in bendaggi improvvisati ripresi il cammino.

Non so quanto camminai. So soltanto che, e non come, mi ritrovai in una stanza dell’ospedale da campo di Dnepropetrovsk.
Qualcuno pensa che il destino non c’entri…
Io penso di SI

 

P.S. Di coloro che scelsero di andare in Jugoslavia o in Grecia, ben pochi ritornarono.