28.03.10
Semplicemente Gianni Buzi
di Vincenzo Pacelli

Accolgo con piacere l'invito rivoltomi da più persone a ricordare su queste pagine Giovanni Buzi, venuto a mancare lo scorso 17 marzo. Confesso che per me non è semplice trattare questo argomento senza rischiare di scadere nel banale. Non so quanti a Vignanello abbiano conosciuto Gianni. Di sicuro i suoi coetanei, i compagni di scuola ed i suoi parenti lo ricorderanno.

Non viveva più in Italia ormai da molti anni, dopo la laurea in lettere ed il diploma all'Accademia di Belle Arti si era trasferito a Bruxelles, dove ha insegnato lingua e cultura italiana al Parlamento Europeo. Per chi volesse saperne di più su di lui è sufficiente andare su Wikipedia, per quanto dei "cenni biografici" non possano certo dire tutto quello che una persona è stato. Sul suo sito personale, chi vorrà, potrà avere un'idea più esaustiva della sua immensa produzione letteraria e artistica, fra romanzi, novelle, racconti, poesie, saggi di storia dell'arte, le sue numerose mostre d'arte, tenute in Italia e all'estero a partire dal 1985. Un'esistenza intensamente e integralmente dedicata all'arte nelle sue diverse forme, ciò che fa veramente un artista completo e poliedrico, come Gianni era.

Io non l'ho conosciuto di persona. Ho soltanto avuto con lui brevi contatti "via mail", per qualche chiacchierata, per inviargli i saluti di Lillo (che è stato il suo maestro alle Elementari) e per parlargli del libro e del DVD sulle cartoline storiche di Vignanello che abbiamo realizzato coi Connutti, dei quali ha ricevuto una copia grazie al tramite di Piergiorgio, e che so ha gradito molto. 
Per quel poco che mi ha raccontato lo stesso Piergiorgio, che vivendo e lavorando in Belgio ha avuto il piacere, insieme a Letizia, di trascorrere un po' di tempo con Gianni in quest'ultimo periodo, so di essermi perso una persona veramente speciale, per schiettezza, simpatia, intelligenza e profondità.

Ciao Gianni.

 

Qui di seguito il ricordo scritto da Laurent, suo compagno, al quale mi permetto di fare un piccolo regalo, la foto in finale, che forse non ha mai visto.

Giovanni Buzi (Gianni) si è spento il 17 marzo 2010 dopo una lunga lotta contro il cancro. Pittore, scrittore, insegnante, era prima di tutto un essere libero, creativo e amante. Nato a Vignanello (provincia di Viterbo), il 10 marzo 1961, era andato a vivere a Roma all’ età di 18 anni per studiare l’Accademia delle Belle Arti e la letteratura nell’ambiente vibrante ed emancipatore dell’Italia di allora. Il suo umanesimo ateo si manifestava con una curiosità universale. La scoperta di altre persone, di altre culture, d’altre fonti di bellezza non hanno smesso di animarlo. Per lui l’unica oscenità era l’arroganza dei potenti e la rassegnazione dei sottomessi. Ha affrontato la malattia con un coraggio e una lucidità eccezionali. Si è fatto amare da tutti quelli che l’hanno curato. Durante i pochi mesi di tregua dal male, fra settembre e dicembre 2009, aveva dipinto centinaia di quadri che terranno viva la sua presenza. Quando ha saputo che non c’era più nessuna speranza, ha deciso di morire nella dignità e ha scelto il momento della sua partenza. Sopravviverà attraverso la sua pittura, la sua scrittura e l’immenso amore che ha dato in ogni momento della sua vita. 

La cremazione del corpo si farà il martedi 23 marzo alle 13.15
nel crematorio di Uccle, a Bruxelles 

Laurent Vogel, 
il suo compagno di vita e amore dal 1984

Quello che segue è un breve racconto scritto da Gianni.
Credo sia semplicemente stupendo e possa aiutare
a comprendere di quale poetica fosse capace.
E' posto a conclusione del libro "Il giardino dei principi", uscito nel 2000.

Le Lettere d'oro

   Quando faceva troppo freddo, zia Rosa confezionava le corone per i morti nella cucina di Barberona. La stanza allora si riempiva dell'odore inebriante dei fiori belli del Giardino. Intrecciava con i giunchi una forma di corona, la ricopriva con muschio, ramoscelli d'alloro e iniziava a tessere con i fiori. Se il morto era povero, ci metteva solo garofani, 'più il morto ci spendeva', come diceva lei, più i fiori erano colorati e preziosi. Tutti però, ricchi e poveri, avevano diritto a una fascia d'una bella stoffa blu viola cangiante sulla quale cuciva lettere di carta dorata. Ci scriveva 'per mio figlio', o 'gli amici', 'a nostro padre', 'i nipoti'... Le lettere zia Rosa le teneva in una grande scatola di cartone, le spargeva a terra e cercava una o, una m, a, r... Non sapevo ancora leggere e mi chiedevo per quale ragione cambiando l'ordine a quei pezzi di carta si poteva far capire chi era morto e chi lo piangeva. Lo chiesi a Barberona.
- E' facile... vedi, quella è una c, c più a fa ca, più s, più a fa casa!
- Casa... - ripetevo imbambolato. 'Quella - mostrando i quattro pezzi di carta - è una casa'?
- No, non è una casa, è una parola, ma con le lettere puoi fare una parola e con le parole puoi fare... tutto.
- Facciamo zia Rosa! - dicevo contento, e Barberona me la faceva.
- Facciamo il cielo, il fiore, il vento, il mare...
Cambiava posizione a quei pezzi di carta e mi guardava felice,
- Vedi, puoi fare tutto. Quello che si vede e quello che non si può vedere, quello che è vicino e quello che è lontano più del sole.
Non credevo ai miei occhi: era la magia più potente d'ogni altra!
- Possiamo anche fare la mamma e Ben e Hur?
E Barberona me li fece.
Improvvisamente mi prese un'angoscia terribile, non riuscivo più a muovermi, a parlare.
- Cosa c'è? perchè fai così?... non sei contento che abbiamo fatto la mamma, e Ben e Hur.
- Ma non ci sono, non ci sono...
- Ci sono - mi guardò dolce Barberona. Se con le lettere formi i loro nomi, ritornano, ritornano insieme a noi per sempre. Ma devi usare quelle lettere d'oro, solo quelle.