14.01.12
Per ricordare Paolo Andreocci
di Vincenzo Pacelli

 

Non so quanti di voi abbiano avuto il piacere di conoscerlo, io ho avuto questa occasione e mi ritengo fortunato. A farci incontrare è stata la sua curiosità, il suo voler sapere qualcosa di più sulla sua famiglia, sui suoi antenati, sulle sue origini vignanellesi.

Paolo aveva fatto una ricerca imponente sul cognome Andreocci, a livello nazionale, scovando notizie in mille biblioteche e archivi, ma gli mancava il nucleo più vicino a sé, la sua genealogia.

E’ stato Enzo Fiorentini a dirmi che Paolo aveva intenzione di cercare notizie a Vignanello. Era il febbraio del 2009 quando gli scrissi una e-mail per dirgli che al momento l’archivio parrocchiale era impraticabile e che avremmo dovuto aspettare un po’ prima di poter consultare i volumi. Nel frattempo io lessi quello che lui aveva già trovato, Paolo visitò il Puzzoloso e così iniziammo a conoscerci. Non ci volle molto per capire reciprocamente che avevamo la stessa passione per la ricerca, per la storia, per il passato.

Ci siamo incontrati più volte, fra il giugno 2009 e l’agosto 2011, insieme abbiamo sfogliato i registri dell’archivio parrocchiale e i protocolli dei notai vignanellesi, percorrendo le generazioni indietro nel tempo, dagli inizi del ‘900 al ‘700, dal ‘600 alla metà del ‘400, fino ad arrivare al primo Andreocci, al suo capostipite, e poi ancora più indietro, dove le notizie si fanno lacunose e incerte.

Seduti fianco a fianco, con sul tavolo un vecchio volume con la coperta in pergamena, scorrevamo insieme gli indici, poi io gli leggevo e traducevo al volo gli atti, lui mi guardava e sorrideva, sgranava gli occhi e scrollava la testa ribadendomi che per lui lì ci poteva essere scritta qualsiasi cosa e che non comprendeva come facessi a decodificare tutte quelle abbreviazioni intricate nella grafia tremenda dei notai vignanellesi, io continuavo a leggere e lui scriveva, si appuntava tutto, sorpreso dalle descrizioni dettagliate dei corredi per le doti, delle stanze delle case, dei terreni in campagna, dei testamenti... La sera stessa poi mi inviava una e-mail, in cui aveva messo in bella forma tutte le notizie che avevamo trovato: gli atti notarili, come per magia, sotto le sue mani diventavano un romanzo.

Paolo era un giornalista e uno scrittore affermato, di fianco all’intelligenza e alla preparazione di chi per una vita ha studiato, scritto e viaggiato, aveva la semplicità e la modestia che in pochi conservano.
(Foto a lato: insieme a Primo Levi)

Viveva a Roma ed è un vero peccato che a Vignanello lo abbiano conosciuto in pochi. Fra le tante cose che ha scritto, e sono veramente tante fra articoli e racconti, Paolo ci ha lasciato due romanzi (La soglia della Yurta, Il Ventaglio 1988; Eos e Titone, Serarcangeli 2010) ed un bel libro sulla cucina vignanellese (Le ricette di Nonna Angelina, Ghaleb Editore 2006), ma per farvi capire meglio chi era, qui di seguito c’è l’ultima e-mail che mi ha scritto, poco dopo aver terminato (o quasi) le nostre ricerche.

Potrete capire da queste sue poche parole, scritte di getto, che tipo di persona era. La lettera è del 1 settembre 2011, il 14 dicembre Paolo ci ha lasciati.

 

Caro Vincenzo, innanzitutto ti auguro un sereno ritorno al lavoro! Che ce voi fa? Inoltre voglio ringraziarti per tutto il lavoro che hai fatto sulla mia famiglia. E' stato interessante stare al tuo fianco e frugare nei secula seculorum: abbiamo scoperto la vita e gli affetti di tante persone, abbiamo contato con loro le povere cose del corredo, abbiamo indagato su figli e ascendenti... forse abbiamo dato loro quel poco di "esistenza" che non avevano più da tanti e tanti anni. Grazie Vincenzo. Anche sulla base degli ultimi tuoi appunti io ho terminato una revisione del mio e-book. Ho aggiornato il capitolo sui miei avi vignanellesi e ho sottolineato all'inizio e alla fine del libro il fatto che gli Andreocci discendono da diversi ceppi autonomi, almeno stan do ai documenti. Grazie a te la ricerca è meno fantasiosa e più storicamente veritiera. Ah! Ho fatto una breve ricerca su Foglietta e ho scoperto che la foglietta (pari a circa mezzo boccale=mezzo litro ca.) è in uso dal medio evo in tutta l'area romana. Mentre la foglietta nel senso di tabacco da fiuto non conciato è parola in uso tardo: XVII secolo. Quindi il "nostro" foglietta si chiamava così perché generosamente distribuiva fogliette di vino nelle belle serata in cantina (almeno così arguisco).

Nient'altro mi pare: un ultimo favore: mettimi da parte il libro del Pacelli che quando ci vediamo me lo prendo. E infine, quando avrai tempo e voglia, sarebbe carino andare a vedere qualcosa a proposito dei Foglietta-pre Andreocci. Ma forse, cercando altri ceppi di Vignanellesi, incontrerai tu qualcosa che li riguarda. Ti invio il libro ormai definitivo o quasi, riservato strettamente agli appassionati di genealogia e quindi a te e a me :) E non dimenticare: quando avrai voglia o necessità di venire a Roma per qualche giorno hai una camera da letto-studio tutta per te e sto a due passi dalla metropolitana. Un abbraccio, grazie di nuovo di tutto, Paolo.

 

Questo era Paolo.