24.08.08
Il treno per Bernina
di Emilio Annesi
Devo dire che quando mi è venuta l’idea di scrivere l’esperienza del viaggio fatto sul trenino del Bernina, ovvero il treno che partendo da Tirano, località della Valtellina, raggiunge St. Moritz in Svizzera, ho subito pensato che per poter descrivere le sensazioni che si trovano, avrei dovuto avere le capacità artistiche del compianto Nanni Mosca, di quando negli anni
'70 descrisse credo sulle pagine de il Tempo, i viaggi della sua infanzia sul treno della Roma Nord da piazzale Flaminio a Vignanello, dove veniva per passare le vacanze (quell’articolo è consultabile sul sito del comune di Vignanello, consiglio a tutti di leggerlo).
La caratteristica della Roma Nord di allora (devo dire che anche quella attuale, non è migliorata di molto) e del trenino del Bernina di oggi, è sicuramente quella di non aver fretta, infatti i 61 km del percorso vengono coperti mediamente in due ore e mezza, ma tranquilli, anche se detto così il viaggio potrebbe sembrare sproporzionatamente lungo, non si ha sicuramente il tempo di annoiarsi, tante, varie e soprattutto spettacolari, sono le visioni che si possono avere lungo il percorso.
La prima cosa che ti colpisce c’è subito dopo la partenza, il treno passa nel paese di Tirano, ma la cosa strana e che per un tratto non c’è il recinto ferroviario, ovvero il treno passa per le piazze e le vie del paese quasi come se fosse un tram, ti trovi a sfiorare le case a sorpassare le automobili e potresti, se volessi, dare anche la mano ai pedoni e ai ciclisti che passano lungo la strada, dopo qualche
kilometro si supera il confine e si è già in Svizzera, inizialmente neanche ci si rende conto di essere passati in un altro stato, infatti le scritte dei vari cartelli sono ancora tutte in italiano
ed in una delle prime stazioni c’è perfino un supermercato della Coop.
Il paesaggio idilliaco di prati, di boschi e di torrenti è ancora piuttosto basso di altitudine, poi ad un certo punto si comincia a salire di colpo, e qui c’è la seconda cosa che ti stupisce, e qui desidererei tanto avere l’arte del maestro Nanni Mosca, che sicuramente riuscirebbe a descrivere questa stessa cosa in maniera sicuramente più colorita e sicuramente più comprensibile, ma in ogni caso con tutti i miei limiti ci provo.
Per poter passare il dislivello di qualche decina di metri, i progettisti della ferrovia, hanno ideato una specie di cavalcavia ferroviario, fatto nel classico stile dell’ottocento con grandi arcate realizzate in blocchi di pietra, ma la particolarità o (meglio le particolarità) di questo manufatto sta nel fatto che è realizzato in salita e che soprattutto è realizzato in forma di semicerchio, arrivando verso questo cavalcavia si arriva passando sotto una delle arcate più alte, per poi curvare subito verso sinistra ed imboccare subito l’inizio del cavalcavia stesso, il treno praticamente sembra avvolgersi su se stesso come se fosse un enorme serpente, io ho potuto godere bene della visione (ahimè non ho avuto la prontezza di filmarla però), perché mi trovavo nell’ ultimo vagone, considerando che il convoglio era composto da una decina di vetture, quando mi sono trovato a passare sotto l’arcate per così dire di questo ponte rampante, la testa del treno formata da un doppio locomotore, aveva già iniziato la salita ed era quasi sopra le nostre teste.
Si giunge poi in una valle alpina con un grosso lago che si costeggia per un paio di
kilometri, dopo di che si inizia a salire di nuovo, e dopo una decina di minuti di gallerie e tornanti si torna ad avere la visione del lago, ma questa volta dall’alto mentre si sta salendo sul crinale di una delle montagne che costeggiano la vallata del lago stesso.
Lungo il percorso ad ogni curva ci si trova davanti una nuova visione, una nuova prospettiva di quelle montagne che riescono a sembrare sempre nuove e sempre diverse a seconda dell’angolazione in cui si guardano.
Mentre continua la salita, spesso si incrociano dei treni che corrono nella direzione contraria, visto che la ferrovia è a binario unico, gli incroci con gli altri convogli, avvengono o nelle stazioncine o in apposite aree create con gli scambi in mezzo al bosco proprio per poter effettuare le coincidenze dei treni.
Il treno che arriva prima si ferma, e sempre con la filosofia che contraddistingue la ferrovia, senza fretta aspetta l’atro treno che arriva in direzione opposta, contro ogni apparente logica, ma credo per una questione ferroviaria di scambi, il treno che sopraggiunge dopo, riparte per primo seguito dall’altro dopo qualche minuto, in uno di questi incroci di treni ho visto il convoglio che giungeva da St. Moritz con in coda attaccati due vagoncini scoperti di colore giallo, da dove i passeggeri potevano avere una visione sicuramente migliore di quella che avevamo noi, che eravamo costretti con tanto di fotocamera appesa al collo, a passare da un finestrino all’altro, a seconda della parte da dove si godeva la visione migliore, mi sono però rifatto nel viaggio di ritorno (che vi risparmio), dove per un tratto prima di scendere e farmi un percorso a piedi, ho potuto viaggiare anche io sul vagone scoperto, un po' freddino tanto da doversi infilare felpa e giubbottino, ma sicuramente un’esperienza unica che se mi capita ripeterò molto volentieri.
Il treno lento ma inesorabile continuava a salire e dall’aria rigida che entrava dal finestrino, ci stavamo rendendo facilmente conto che dai circa 500 mt di
altitudine di Tirano, ci stavamo ormai avvicinando ai 2000.
La prima visione dei ghiacciai si ha quando ci si avvicina al lago di Palù, purtroppo la cima dei monti era coperta da una nuvola, che se da un lato non permetteva la visione completa del ghiacciaio, dall’altra conferiva alla visione un tocco di mistero e di atmosfera quasi tetra ma sicuramente molto affascinante, sensazione vissuta in quel punto forse ancora più amplificata, anche nel ritorno, visto che insieme al mio amico Luciano l’abbiamo percorso a piedi in un sentiero in discesa che ci ha impegnato per circa un ora e un quarto, tanto che poi giunti nella stazione più a valle, abbiamo preso non il treno successivo che è passato dopo un’ora come da orario svizzero, ma quello ancora dopo, permettendoci di gustare un meritato gelato sulla terrazza di un piccolo chiosco bar.
Il ghiacciaio visto dal laghetto Palù era solo un assaggio, dopo forse un altro quarto d’ora di salita, siamo giunti ad un alto piano che poi credo corrisponda con il passo del Bernina a circa 2200 metri sul livello del mare, dove le visioni rispetto a tutto il viaggio, sono sicuramente quelle che di più tolgono il fiato, lungo l’altipiano che si spinge per diversi
kilometri, sulla parte sinistra le cime innevate dai ghiacciai credo del Bernina e del Diavolezza, e lungo la valle tutta una serie di laghi e
laghetti artificiali e naturali, più o meno grandi che si susseguivano intervallati da prati con mucche brune dai grossi campani al pascolo, quasi quasi, condizionato dalla tanta pubblicità, ti aspettavi anche di trovarne prima o poi anche una di colore lilla, ma per fortuna quelle mucche la stanno solo nelle pubblicità, una fermata era posta proprio sotto la stazione di partenza della funivia, la tentazione di salire ammetto è stata forte, ma dopo un rapido calcolo degli orari, ci siamo subito resi conto che non era il caso, infatti da li a poco saremmo arrivati a St. Moritz, con il tempo giusto per poter mangiare, fare la classica (almeno per me) foto con il boccale di birra e poi ripartire subito.
La discesa verso la cittadina svizzera è stata molto più rapida dell’ascesa da Tirano, e questo si può facilmente intuire da fatto che tra le due località c’è un dislivello di 1500 metri.
Le scritte delle stazioni che si incontravano lungo la discesa, stavolta erano rigorosamente in tedesco, tra prati e ruscelli e ancora nuove visioni dei ghiacciai, siamo scesi alla Stazione di St. Moritz, per nulla stanchi ed anzi con la voglia di ripartire subito per il ritorno, quasi come bambini che finito il giro di giostra, non vogliono scendere dal cavalluccio o dalla macchinina su cui sono saliti, costringendo le pazienti mamme che l’accompagnano, ad acquistare subito un altro biglietto per un nuovo giro.
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