27.03.09
Business, business, e ancora business
di Eva Pellegrini
Io non credo che i ginecologi, come tutti gli specialisti, stiano risentendo della crisi. Le loro visite costano in media sulle 100,00 euro e se sei incinta, neomamma hai diritto al meglio.
Ma al meglio di che? La gravidanza non è mica una malattia! Una volta fatti gli esami del sangue e una prima ecografia per vedere se va tutto bene, perché tornare una volta al mese dal professionista che ti sfila quattrini a uffo?
La prima visita dura un po’ di più (senza che per questo si arrivi a giustificare i 100,00 euro che si piglia) perché ti deve conoscere (nome e cognome), perché ti fa il calcolo di quando sei rimasta incinta e di quando dovresti partorire (dopo 9 mesi?), ti prescrive una sfilza di esami da fare, ti pesa e ti dice di non ingrassare troppo, di prendere al massimo 9 kili (parole che vanno ad alleggerire solo il portafoglio, parole che devono fare i conti, una volta uscita di lì, con quelle ben più incisive sparate a profusione da nonne , zie, vicine e lontane che ti vorrebbero vedere scoppiare, tanto sei gonfia, di salute!).
Poi negli incontri successivi ti fa il quadro clinico: e sia se ci sono problemi, così come se non ce ne sono ti indica, consiglia, suggerisce cosa è meglio fare.
Qui comincia il supplizio: la medicalizzazione della gravidanza, che da stato fisiologico, normale, diventa patologico e ti induce a fare tutto ciò che è in tuo potere per mettere a setaccio il futuro, anche se ciò è rischioso.
Proviamo a parlare della pratica clinica più diffusa durante la gravidanza delle donne: la diagnosi prenatale dell’amniocentesi, analizzando motivazioni, costi e rischi connessi. Magari facendo riflettere un po’ di più le neo mamme sull’opportunità/necessità/ inutilità totale di effettuarla.
L’amniocentesi è un esame invasivo che consente il prelievo di liquido amniotico mediante inserimento di un lungo ago nella placenta, al fine di valutare l’anomalia o la normalità dell’assetto cromosomico fetale.
Ci sono casi in cui l’esame è indicato come necessario, ad esempio se l’età della gestante è superiore ai 38 anni, (in questo caso infatti è gratuito ?), se attraverso l’ecografia si evidenzia una malformazione fetale, se si riscontra eredità familiare, se l’esame del sangue per la trisomia rivela valori anomali, e poco altro ancora…
Ma la casistica non si ferma qui. Cioè se ci dovessimo fermare ai casi clinici esposti, il numero di donne realmente bisognose di sottoporsi ad amniocentesi dovrebbe essere relativamente basso, e invece…!!!!!!
L’ amniocentesi è una prassi comune, diffusissima, centomila amniocentesi l’anno in Italia e i numeri pesano come macigni nel processo di consolidamento di realtà controverse, quasi a voler dire più siamo a farla meno sono i pericoli, più diventa un’esperienza condivisa, allargata, massiccia, di rito, più si scongiura lo spauracchio dei presupposti e delle conseguenze, entrando in un circolo virtuoso per cui più la si fa meno se ne parla. Poi ti senti dire che sei pazzo se non la fai.
Dunque l’esame diventa uno dei tanti che si fanno in gravidanza, nonostante i rischi che comporta (l’ uno per cento di probabilità di aborto), nonostante il prezzo che ha (il costo va dalle 500 alle 1000 euro circa), nonostante non garantisca una copertura totale dai rischi di malattie cromosomico-genetiche. Queste ultime sono circa 7000 e lo screening implicato in questo esame ne riguarda solo una decina, quelle più diffuse.
È possibile allora che venga effettuata per qualche altro motivo?
L’organizzazione mondiale della sanità chiede di limitarne l’uso, che la metodica invasiva non venga regolata dalle pure leggi di mercato, il cosiddetto “consumismo prenatale”, dove il bambino ancor prima di nascere subisce gli affetti di un’economia senza etica.
In assenza di indicazioni mediche che la giustifichino, la diagnosi prenatale si fa per alleviare l’ansia materna, le incertezze delle giovani mamme che diventano facili prede di ginecologi che propongono o impongono l’amniocentesi e poi il parto cesareo o almeno l’epidurale.
La gravidanza diventa così uno stato patologico, con tanti saluti alla magia del momento.
E se in questi giorni nella selvaggia Africa il Papa torna prepotentemente a vietare l’uso del profilattico, strumento principe nella lotta all’aids, com’è che si tollera nella cattolicissima Italia l’abuso di un esame che comporta rischi reali e in prospettiva la possibilità di abortire?
PS: mi scuserete, ma la mia etica personale, distrattamente e fievolmente cattolica, se non altro perché non mi sono ancora sbattezzata , mi impone una riflessione e il dovere di renderla collettiva.
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