31.07.10
Apparizione di Tersite
de il Babbaleo

Per la generazione delle movide, dei grandi fratelli, degli eventi, delle notti bianche, dei call center che è in tempo per rimediare ai danni, e per quelle precedenti in vita rincoglionite dai centri commerciali, dalle automobili, dalla televisione...

In una di queste notti io vidi Tersite. Stava su una sedia a un angolo della mia camera; e accomodava con molta cura un calzare sdrucito. Aveva addosso un pallio ateniese. I suoi capelli erano cortissimi e la faccia tanto bianca che pareva infarinata.
- Chi sei? - domandai sbigottito. Rispose senza scomporsi, col verso di Omero:
- L'uomo peggiore di quanti andarono a Troia.
Dopo una breve pausa seguitò: - L'armatura achea mi era intollerabile. Questo pallio l'ho avuto da Alcibiade che preferisce andar nudo per farsi distinguere dall'ammiraglio Nicia, quando passeggiano insieme per il lungostige. Ogni tanto me ne vengo su, di notte, per attendere in pace a qualche faccenda e per liberarmi dalla gran confusione dell'inferno [...].
osai domandare: - Tu come hai passato tanto tempo, laggiù?
- Prima, con le donne: facevo il pedicure di Proserpina. Poi, con le bestie. Fin dall'inizio dell'Era volgare passo il mio tempo con Cerbero. E' una cara bestia, ed è sempre un cucciolo: non invecchia mai. Malgrado abbia tre teste non manca di cervello: anzi è l'unico abitante dell'inferno che possa anxora imparare qualche cosa. Grazie alle mie cure egli sa mangiare con una bocca sola, cosa impossibile agli uomini, e non abbaia più dietro alle ombre, cosa impossibile ai cani.
- E come ti trattano, laggiù?
- Benone. 
- Anche gli Achei?
- Quelli soprattutto. Via via che calavano giù e mi riconoscevano, erano abbracci, baci scuse, complimenti: "Bravo Tersite!... Bravo Tersite!... Tu solo avevi ragione!... Tu solo parlavi bene!". Agamennone mi tenne un pezzo abbracciato, appena mi vide, e volle che io facessi con lui un lungo giro per l'Averno sino alla parte fonda, dov'egli si reca ogni cento anni a portare di nascosto alcuni fichi secchi e un grappoletto d'uva acerba al suo bisavolo Tantalo. Credi pure: sotterra si opera giustamente.
Arrischiai una osservazione: - Ma sulla terra hai una tristissima fama, Tersite!
Sollevò il viso e mi fissò con un sorriso gelido e lungo: e pareva che gelasse tutta la camera.
- Lo so... L'epopea degli eroi... La leggete nelle scuole. Non è vero?
- Sì.
Le sue parole, dapprima lente, proruppero poi con ridicola veemenza in tono acuto da giullare cantastorie.
- Già, Omero, il poeta immortale, mi ha reso immortale sulla terra. Il peggiore e il più deforme di tutti ero: guercio, zoppo, gobbo, con la testa a punta, maldicente, ingiuriatore e vile. Vile ero: infatti non sapevo bene ammazzare, né rapire, né stuprare. E da Omero in poi sono stato consacrato al vituperio di tutta la vituperevole umanità. Là, nel piano di Troia, ero solo e indifeso contro la ferocia, la guerra, la sovranità armata, la prepotenza soldatesca, la obbedienza servile; e sono rimasto sempre solo, poi nella memoria vostra: il vilipeso, il dannato, il bastonato del mondo eroico. Credi che io sia commosso? Aspetti ora che io pianga? No, caro scimmiotino mio. Piangevo quando avevo gli occhi; e questi qui non sono occhi: luci sono. Le ombre non piangono: gemono le ombre. Più di tutti geme Odisseo. Alle volte mugghia come un toro. Dopo morto è stato preso dal mal caduco, che si scongiura, come sai con lo sputo. Io passo giornate intere sputandoci sopra, per calmarlo: ed egli grida: "Sputami, Tersituccio mio, sputami!..." [...]
Si arrestò per riprendere il calzare che, nella foga del dire, gli era caduto per terra: e si rimise a cucire. Ogni tanto mormorava: - Omero... Omero - . Poi rialzò la testa e smise di cucire. - Lo leggete nelle scuole, eh?
Io tacevo mortificato. Egli continuò:
- E' giusto. Omero non fa male; è come una bella donna che ti strappi i capelli. Ma gli altri... tutti gli altri...
A questo punto fu preso dalla collera: si levò in piedi, buttò giù ago, refe e calzare, e zoppicando furiosamente si piantò davanti al mio letto. I suoi occhi erano due fiammelle verdi.
- Gli altri hanno fatto credere perfino che io abbia cacciato la lancia in un occhio della morta regina Pentesilea e che per questo Achille mi abbia ucciso... Achille, intendi? vendicatore di un cadavere oltraggiato, egli che spazzava la polvere della strada col cadavere sanguinante di Ettore, egli, lo sgozzatore di fanciulli e di giovinette del più puro sangue troiano... Gigli erano quelle gole, tenere, bianche e odorose. E lui con la spada, zac, zac, li scannava come agnelli, là davanti agli altari, sulle tombe, per i funerali, per le feste: e tutti erano contenti: perché l'umanità, anche a traccia della sua gioia, non lascia che macchie di sangue. Omero non fa male: ma bisogna leggerlo in quiete, lontano, in campagna, senza farci una lezione. Come Orazio, Orazio a Preneste era tutto lì, con Omero, incantato: e quando volle ricavare dall'Iliade la voce della saggezza, trasse fuori soltanto la mia voce: quidquid delirant reges, plectuntur Achivi: già, i re fan le pazzie e piglian le botte gli Achivi. Oh, in una epopea di eroi ci vuole un gran coraggio ad essere il più vile di tutti! Io solo ebbi quel coraggio e la mia voce è la sola rimasta per l'umanità...

da Concetto Marchesi, Il libro di Tersite

Su Tersite e l’assemblea degli Achei
http://www.imicomp.com/tersite.htm