18.08.07 Il serio ricercatore, o chiunque pensi di scrivere un articolo “scientifico”, sa benissimo che è suo dovere citare in modo puntuale le fonti alle quali ha attinto (autore, titolo, casa editrice ed anno di edizione, per i testi a stampa; archivio, collocazione e fogli, per i manoscritti ed i documenti d’archivio). Più forti ed altisonanti sono le affermazioni che si fanno e più precisa deve essere la documentazione, magari citando per esteso i testi probanti quanto viene affermato. E’ dovere di chi scrive dare al lettore tutti gli elementi e dimostrare che esistono le prove che quanto si afferma è perlomeno plausibile, e non consigliare al suo interlocutore di andarsi a leggere interi tomi. In tutti i suoi articoli, che io ho avuto modo di leggere, non è citata per esteso una sola fonte, dico una, e a tal proposito mi permetto di chiederle se può fornirmi le collocazioni esatte nelle quali si trova conferma delle sue seguenti affermazioni, riguardo alle quali, vista la sua disponibilità, colgo l’occasione per chiederle pochi elementari chiarimenti (cito il suo articolo uscito su Liberamente on air n.2, pagg. 24-26): 1) un nome [Iunianellum, n.d.r.] che dopo la fatidica data del 15 marzo del 44 a.C., le famose idi di marzo che furono teatro dell’assassinio di Giulio Cesare, fu trasformato da Augusto in IULIANELLUM; 2) Halesus [...] trascorso qualche giorno [dal suo arrivo a Gallese, n.d.r] si incamminò nell’entroterra attratto dalle asperità montuose [...] il paesaggio che si manifestava ai suoi occhi aveva qualcosa di incredibilmente familiare. Il rilievo tufaceo del Molesino posto davanti ai Monti Cimini aveva una straordinaria somiglianza alla collina su cui sorgeva l’acropoli di Micene con sullo sfondo il monte Parnone; 3) [Halesus] era talmente convinto di aver trovato la sua “terra promessa” che diede immediatamente ordine di iniziare i lavori per realizzare una città degna di un popolo di nobili origini; 4) La sua [di Halesus, n.d.r.] innovativa tecnologia ed il suo vasto Know How, considerati i tempi e le tribù troglodite che vivevano in quei luoghi, gli diedero modo di avere immediatamente a disposizione un’aristocrazia ed una plebe da governare; 5) I “connutti”, ossia i condotti ritrovati in scavi ipogei, sono una chiara dimostrazione del notevole dispiego di energie messo in campo dai colonizzatori greci; 6) Nasceva così, in quel di Iunianellum, un nuovo popolo conosciuto dalle popolazioni circostanti con il nome di IVN(I)A: i precursori dei Falisci.
Riguardo a questi primi sei punti, oltre alla indicazione della fonte da cui ha attinto queste notizie, mi sento di richiederle alcuni chiarimenti. Se il protagonista dei fatti è Halesus (personaggio sulla cui storicità non mi dilungo) tutti gli eventi descritti avverrebbero in un’epoca di poco successiva la guerra di Troia, vale a dire attorno al XII secolo a.C. Per quanto ne so i più antichi reperti ritrovati sul colle del Molesino risalgono all’VIII secolo a.C. (ben 400 anni dopo i fatti da lei narrati). Siamo in possesso di reperti del XII secolo a.C. attestanti l’esistenza della città fondata da Halesus? Abbiamo documenti attestanti la presenza di un’aristocrazia e di una plebe? Abbiamo prove che la realizzazione dei cunicoli risale alla stessa epoca? Da dove risulta che Augusto modificò il nome del supposto centro abitato dopo le fatidiche idi di marzo? Cito altri tratti dello stesso articolo: 7) La prevalente neutralità degli Etruschi nella guerra fra Turno e Latino aveva rafforzato il loro credito nell’intera Tuscia. Questo permise loro di governare l’Ager degli IVN(I)A, ossia l’attuale Vignanello. In pratica non è paradossale affermare che intorno al 1144 a.C. Vignanello subì il primo commissariamento della sua storia. 8) Gli Etruschi nel contempo, garantirono la prosecuzione della stirpe di Aleso [ossia Halesus, n.d.r] nominando un reggente ad interim sul suolo popolato dagli IUNIA. Sembra di capire che il reggente ad interim in questione appartenesse alla Gens Velimna (Volumna in latino) molto potente all’epoca, ad ovest dell’Appennino e successivamente anche nella Roma Antica. 9) Torniamo dunque al 1129 a.C. gli IVN(I)A piangono il loro capo deceduto [Halesus, n.d.r] e sperano nel suo successore. IVN(I)ANELLUM rimasta sotto il controllo dei Velimna rappresenta ora solo la porta d’accesso alla Silva Cimina. Ricapitolando: quando Halesus arriva sul Molesino, da quanto lei afferma, trova in zona soltanto “trogloditi” da sottomettere, ma pochi anni dopo (sembra soltanto 15), alla sua morte, vi sono nello stesso luogo delle ben strutturate istituzioni etrusche, tali da “commissariare” la città da lui fondata e da nominare un “reggente ad interim”. Le chiedo, quanto è verosimile tutto questo? Se ci troviamo sempre nel XII secolo a.C., bene, in quest’epoca non c’è traccia di civiltà etrusca. Non parlo della nostra zona, ma a livello nazionale! La civiltà etrusca sorge attorno al nono secolo avanti Cristo, almeno duecento anni dopo gli eventi che lei ci sta raccontando con dovizia di particolari. Questo non lo dice un Pinco Pallino Qualsiasi, lo dice l’archeologia e di certo non lo smentiscono nè la Giacomelli, nè Zonara, nè Mercklin, sui quali lei afferma di essersi documentato e che mi consiglia di leggere. Ora, in conclusione, lei ha gli elementi per dimostrare l’esistenza di istituzioni etrusche nel XII secolo a.C.? Lei ha i documenti che riportano la nomina del “reggente ad interim” di Ivnanellum? Da cosa è attestato, sempre nel XII secolo a.C. che la gens Velimna esisteva ed era anche “molto potente”? Da dove viene fuori quel 1129 a.C., perchè non 1128 o 1130? Di punti da analizzare ce ne sarebbero molti altri, come l’elaborazione etimologica di IVN(I)ANELLUM che, come lei afferma “per chiunque possegga la pur minima cognizione delle latinitas elementa” significherebbe “quel luogo indicato da Giunone”. A parte che si dovrebbe dire latinitatis elementa, poi, mi chiedo: se questa città venne fondata dal greco Halesus (fondatore degli iunias, che precedono nel tempo sia falisci, che etruschi, che romani) come può avere una etimologia in lingua latina, appartenuta ad un popolo distinto che arriverà più tardi e che avrà una lingua diversa? E’ come se io prendessi, ad esempio, il nome di Tenochtitlan, capitale dell’impero azteco, nell’attuale Messico, e spiegassi l’origine del suo nome in spagnolo! bah... Ma torniamo al povero Galileo. Galileo era un uomo di scienza, costruì un telescopio e permise a chi non credeva alle sue affermazioni di guardarci dentro, consentì di verificare che quanto sosteneva era reale. Il metodo scientifico si basa su questo ed è semplicemente questo che le sto chiedendo, guardare nel suo telescopio, altrimenti è troppo facile (per non dire patetico) fregiarsi del titolo di novelli Galilei ed accusare gli interlocutori di ottusità, di vana pedanteria e di dissertazioni non pertinenti. Troppo facile, caro prof. ing. Clementi. Lei ha scritto: Guai a dare dell’eretico a Galileo, senza rischiare di dover chiedere scusa, a distanza di tempo! Ebbene, coloro che diedero dell’eretico a Galileo si rifiutarono di mettere il loro occhio dietro al telescopio. Lo fecero per una fede e contro lo spirito sperimentale. Se non se ne fosse accorto, io sto facendo l’esatto contrario. Quindi non vedo perchè dovrei rischiare di dover chiedere scusa a chicchessia. Io sto ponendo interrogativi, sto esprimendo dubbi, non sto dando sentenze o richiedendo abiure. Nel momento in cui lei chiarirà i miei quesiti e fornirà le fonti delle sue affermazioni non avrò problemi ad accettarle, ma fino ad allora rimarrò nel dubbio, che è alla base dell’indole di chi ricerca. Le scuse, semmai, dovrà porle chi si troverà nell’impossibilità di giustificare le proprie tesi e con umiltà e correttezza sarà tenuto a smentire quanto affermato. Pinco Pallino
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