Da «Archeologia», n. 25, gennaio-febbraio 1965 I testi delle lamine di Pyrgi – senza alcun dubbio, la scoperta archeologica più importante del 1964 – sono stati recentemente pubblicati e i professori Pallottino, per le iscrizioni etrusche, e Garbini, per quelle puniche, ne hanno dato una traduzione che, seppur non definitiva (almeno per quanto riguarda l’etrusco), sottolinea la eccezionalità dei documenti in questione. Soprattutto le due iscrizioni etrusche, infatti, oltre ad arricchire il patrimonio epigrafico che possediamo del popolo tirrenico, costituiscono la prima indiscutibile testimonianza di un personaggio storico d’Etruria e ci permettono di valutare meglio avvenimenti politici il cui ricordo ci è stato tramandato in forma frammentaria e confusa da varie fonti greco-romane. È bene chiarire subito che il contributo delle due iscrizioni etrusche alle nostre conoscenze della lingua tirrenica non è, almeno sino a questo momento, notevole almeno quanto si sperava potesse essere, e che solo il parallelismo con il testo punico ci ha permesso di afferrarne il senso generale. Il vocabolario etrusco-italiano, in definitiva, non si è arricchito di nuovi termini e solo in un caso il Pallottino crede di veder confermata con certezza la giusta interpretazione di parole già riconosciute in altre iscrizioni (masan tiurunias = nel mese di Masan). Di gran lunga più importante è invece l’accenno al personaggio Thefarie Velianas, indicato nell’iscrizione punica come «re di Caere» (MLK ‘L KYŠRY’), e il valore storico che può essere dato alle tre epigrafi. Thefarie Velianas, come abbiamo già osservato, è il primo alto magistrato etrusco di cui possediamo una prova sicura di esistenza. Prima di lui conoscevamo solo i nomi di personaggi tramandatici da fonti tradizionali: i fratelli Vibenna, Lars Porsenna, Mastarna, i due Tarquini. L’importanza di questa acquisizione è notevole soprattutto per il periodo storico in cui il Velianas agisce: gli anni 500-490 a.C., quando cioè l’Etruria, travagliata da una crisi profonda di carattere istituzionale, assiste al passaggio dall’ordinamento monarchico a quello repubblicano e di cui ci è rimasto ricordo nell’episodio della cacciata dei Tarquini da Roma (509). Thefarie Velianas è indicato come «re di Caere» nell’iscrizione punica, ma il Pallottino ha avanzato l’ipotesi che l’espressione MLK indichi soltanto l’alta magistratura rivestita dal personaggio. Di un (C)aeritum regem abbiamo menzione anche negli Elogi Tarquiniesi che però non ci è stato possibile collocare nel tempo. Piuttosto sembra logico vedere in Velianas un corrispettivo etrusco di quegli Aristodemos, Hippokrates e Anaxilaos che esercitarono la tirannia, nello stesso periodo, rispettivamente su Cuma, Gela e Regio. Senza considerare i Magonidi di Cartagine e il secondo Tarquinio di Roma. Di Thefarie Velianas è interessante lo stesso nome proprio: la presenza di un Thefarie nel VI secolo richiama alla mente il Thebris veiente e il Tiberinus albano, eponimi del Tevere, lasciando supporre l’esistenza di un filone leggendario etrusco concernente un mitico Thebris, alterato e confuso dalle tradizioni romane. Sul piano storico-politico, le lamine di Pyrgi contribuiscono non poco a riordinare le frammentarie notizie pervenuteci sul conflitto greco-punico per il controllo del Tirreno. Il ricordo della battaglia del Mare Sardo, di Himera, di Cuma, conservatoci dagli scrittori greci, e la notizia aristotelica dei «trattati di alleanza» fra Cartagine e le città d’Etruria (e allo stesso periodo è databile anche il trattato fra Cartagine e Roma, riferito da Polibio), testimoniavano già gli stretti legami esistenti alla fine del VI secolo e agli inizi del V fra etruschi e punici. Le lamine ne sono una conferma inoppugnabile. L’omaggio di Thefarie Velianas alla dea Astarte è stato interpretato sia come una manifestazione di simpatia per l’alleato, sia come dimostrazione vera e propria di sudditanza. Il noto filo-ellenismo di Caere – unica città etrusca a possedere un proprio thesauros a Delfi – potrebbe aver indotto i cartaginese, nel pieno conflitto per il controllo del Tirreno, ad imporre un tiranno filo-punico all’importante centro dell’Etruria Marittima. La disfatta di Himera e di Cuma dovrebbe aver permesso al partito filo-ellenico di Caere di sottrarre la città al controllo punico: testimonianza di questo rovesciamento di alleanza sarebbe appunto la epurazione subita dalle lamine auree, distaccate e celate in una «vasca». L’ipotesi è suggestiva e forse non del tutto infondata. Nelle lamine di Pyrgi la storia d’Etruria ha trovato testimoni preziosi e l’archeologia un ulteriore incentivo ad abbandonare le necropoli per impegnare le proprie energie nelle zone urbane, dove soltanto potremo ritrovare gli etruschi e conoscere i segreti che ancora ci nascondono la loro vicenda. Ludovico Magrini -------------------------------------------------------------------------------- I testi e le traduzioni |