14.03.12
4 dicembre 1798: l'assedio di Vignanello
di Vincenzo Pacelli

Pubblicato su Villaggio Globale – Anno II n.5 – maggio/giugno 1996

Ampiamente rimaneggiato, riveduto e corretto

«Dal manoscritto ritrovato da Pietro Stefani, altre memorie riaffiorano dal passato...
Il fatto pubblicato in questo numero non è sconosciuto, ne parla anche il Petrucci nel suo libro e, quasi sicuramente, sia l’autore del manoscritto che Giovanni Petrucci, hanno attinto la notizia dalla stessa fonte: il Dizionario Storico Ecclesiastico di Gaetano Moroni. Le due versioni comunque si compensano, notizie che si ritrovano nell’una non compaiono nell’altra e viceversa».

Così, innocentemente, scrivevo nel ’96, nel frattempo il ritrovamento di altri documenti in cui il fatto in argomento viene narrato con dovizia di particolari mi fa ritenere che la prima fonte non sia affatto il Dizionario del Moroni, bensì le memorie scritte da più di un Vignanellese che visse l’assedio in prima persona e né lasciò il suo ricordo. A proposito di queste scriverò in altra sede e per adesso vi lascio con l’acquolina in bocca.
Come per gli altri fatti d’arme già pubblicati siamo sempre alla fine del ‘700, ma stavolta non si tratta di una faccenda tra paesini confinanti, niente osti o giovinastri valleranesi, qui si racconta nientemeno che di un assedio ad opera delle truppe francesi. Non so se rendo…

Vignanello ha attorno ai duemila abitanti, il Borgo del Molesino (oggi corso Mazzini) e S. Sebastiano (oggi Corso Garibaldi) sono stati costruiti da poco, il centro storico medievale è ancora un nucleo compatto ben difeso dalle mura. Unici punti di ingresso sono la Porta della Torre a ovest (demolita all’inizio del ‘900), la Porta della Fontana a est (demolita alla fine dell’800), la Porta a Sole a sud (demolita agli inizi del ‘900) e la Porta a frigido a nord (ancora esistente, a Guercianetto). Il palazzo Ruspoli ha i ponti levatoi, come ancora oggi, ma all’epoca erano ben funzionanti. Poche case sparse a Piedisole, mentre verso Talano ci sono solo cantine. Il Molesino e via S. Rocco sono campi coltivati. Vignanello è ancora un possedimento del Principe Francesco Ruspoli che nel 1798, anno dell’evento narrato, è a Vienna e il paese è governato da un vice Principe. La Chiesa Collegiata è stata terminata da poco più di 70 anni.

Protagonisti di questo passo del manoscritto sono i nostri concittadini ed una divisione dell’esercito francese (Brigata Kellermann) che dopo aver lasciato Roma si stava dirigendo verso le truppe dei Napoletani al fine di accerchiarle.
Il fatto è ben narrato e ben comprensibile nel manoscritto, io mi limiterò ad illustrarvelo e commentarvelo brevemente lasciandovi poi godere della lettura dell’originale.
E’ il 4 dicembre 1798: Vignanello viene assediato dai Francesi, capitanati da tale Macdonald. Sono circa duemila soldati, pari a tutta la popolazione di Vignanello, comprese donne, anziani e bambini, ma i popolani sapranno dar prova di grande resistenza, aiutati come vuole la leggenda, anche dal loro santo patrono…
I Vignanellesi, difesi dalle mura della rocca rispondono al fuoco nemico fino a quando, sopraggiunta una fittissima nebbia, i Francesi sono costretti a rinunciare all’impresa, quindi arriva un ordine di ritirata e Vignanello è salvo.

Alla fine del bombardamento «ne morirono dei francesi 113 e de Vignanellesi uno solo fu legermente ferito».

Questa notizia, apparentemente sproporzionata, è confermata anche da una memoria scritta sul 7° libro dei morti dell’Archivio Parrocchiale dove si legge: «...interfecti vero p[refa]ti Galli ab iisdem aliis Gallis in domibus eiusdem Burgi, et in proximis cellis vinariis juxta Ecclesiam B. M. V. de Planctu adusti, crematique centum circiter fuerunt...», che in italiano suona così: «in verità i suddetti Francesi uccisi, furono bruciati e cremati, circa cento, dagli stessi altri Francesi, nelle case dello stesso Borgo (S. Sebastiano), e nelle vicine cantine presso la Chiesa della Beata Maria Vergine del Pianto».

Il numero dei Francesi uccisi corrisponde, e sullo stesso registro, di seguito, si trovano anche gli atti di morte di due Vignanellesi, che però non erano tra quelli che avevano preso parte al combattimento, essendo stati trovati uccisi fuori dal centro abitato; un certo Giuseppe Lelli, trovato morto in contrada Puliano, e Antonio Bracci detto Pancallo, trovato ucciso sulla “via pubblica” oltre il Convento dei Frati (attuale via Costa dei Frati).

Dopo la fortunata conclusione dell’assedio, dopo tanto ardimento… i Vignanellesi temendo funeste conseguenze si recarono dal generale francese a chiedere perdono e pace. Trattandosi di rapporti con l’estero… pensarono bene di mandare due ambasciatori nelle persone di Giovanni Battista Fornari e Bernardino Pacelli. Per meritare tale nomina i due suddetti erano certamente personaggi di spicco della popolazione: Giovan Battista Fornari in effetti era il medico condotto di Vignanello ed era venuto nientemeno che da Sanremo, doveva essere di certo un cittadino molto ricco visto che nel 1810, quando Napoleone ordinò la soppressione dei beni della Chiesa non parrocchiali e i frati di S. Sebastiano lasciarono il convento, lui lo comprò all’asta pubblica fatta a Roma, per la somma di ben 200 scudi. Riguardo a Bernardino Pacelli ci sono poche notizie: so soltanto che probabilmente faceva il vetraio ed era aggregato ad una confraternita. In ogni caso, a pace fatta i Vignanellesi non la passarono proprio liscia, subendo una multa e razzìe di vino!

Uno degli aneddoti più interessanti e singolari riguardanti questo evento memorabile è stato tralasciato in questa memoria ma lo ritroviamo, ad esempio, sul Petrucci, dove si legge che «...nella giornata memoranda un cittadino di Vignanello accoppiasse l’eroismo alla temerarietà. Poiché infatti le bombe delle artiglierie francesi non arrivavano al massimo che alla pubblica piazza; correva egli continuamente a raccoglierle, togliendovi, con sicura sveltezza, la miccia, e portatele al castello, le consegnava agli animosi assediati, i quali, tosto vuotatele, ne usufruivano la polvere onde difendersi contro quelli stessi che ai loro danni le avevano destinate».

Un altro testimone, in un suo scritto molto più ricco di dettagli, ci fa sapere anche il nome e il cognome di questo nostro folle e valoroso concittadino, che a mio parere (e non solo mio) meriterebbe di essere almeno ricordato con l’intitolazione di una via, ma come ho detto poco fa… ne parleremo per esteso in un’altra occasione.

L’assedio dei Francesi capitanati da Macdonald ha lasciato non poche tracce nel nostro paese. Gli effetti dei bombardamenti sono ancora visibili sulle mura del castello, anche la fontana barocca rimase danneggiata per quelle cannonate e, come fa notare il racconto, molte delle palle di cannone sparate dai Francesi in quell’occasione, vennero conservate al fine di essere esposte il giorno di S. Barbara sull’altare di S. Biagio dove, come dice il Petrucci, «conservasi anche il quadro di detta Santa».

Oggi quelle palle di cannone non vengono più esposte il 4 di Dicembre e sull’altare di S. Biagio non c’è più alcun quadro di S. Barbara, ma forse non tutti i Vignanellesi sanno che alcune di quelle palle sono oggi conservate ed esposte nel museo realizzato dalla Classe ’69 all’interno della Chiesa Collegiata ed altre sono sul grande camino nel salone nobile del Castello Ruspoli.

Adesso non mi resta che lasciarvi alla lettura dell’originale. Buon proseguimento e alla prossima.

Vincenzo Pacelli

 

 

Fatto d’arme dei Vignanellesi colle truppe repubblicane Francesi

Nel 1798. a dì 4. Decembre Vignanello fece fronte ad una divisione dell’armata francese capitanata da Macdonald di circa due mila uomini, che staccatasi dal Generale presso Ponte Felice sembrava diretta alla pianura di s. Rocco sopra Caprarola, onde prendere in mezzo la truppa napoletana comandata da Mack, alle quali soldatesche repubblicane si contese il passo, temendone eccidio e rovine, come era avvenuto a qualche luogo vicino. I Vignanellesi eransi fortificati entro l’antica Rocca, ora palazzo di Ruspoli, e alzati avevano i ponti mobili. I Francesi all’opposto occupato avevano il borgo di s. Sebastiano, e conosciuto l’ostile atteggiamento aprirono il fuoco con ispessi colpi di artiglieria, mentre gli animosi cittadini rispondevono con archibugiate continue dai parapetti e dalle fenestre della Rocca. Le campane suonavono a stormo. Molti Francesi giacevono al suolo bocconi ed erano più ore da che la lotta durava. Si levò intanto quasi prodigiosamente foltissima nebbia, che impedendo agli accaniti nemici di operare a seconda dé loro desiderj, fu la salvezza di Vignanello, il quale non avrebbe potuto a lungo resistere. In questo eccoti un ordine che chiama indietro quelle falangi, che dati a fuoco i cadaveri degli uccisi entro alcune case dello stesso borgo, dovettero ritirarsi, terminando così la zuffa. Il giorno appressero vi giunsero cinque mila napoletani, che all’indomani ripartirono per andare a prendere posizione tra Ponte felice, ed Otricoli. Se non che prevedendo i Vignanellesi funeste conseguenze, mentre l’armata francese accampava sotto Viterbo, spedirono al Generale due ambasciatori il Sig.r Gio: [1] Battista Medico Fornari, e il Sig.r Bernardino Pacelli, i quali dopo qualche difficoltà per parte del Comandante ottenero in fine perdono e pace (1). Si conservono tuttora in Vignanello molte palle da cannone, e molte bombe lanciate in quell’assalto, e in ogni anno nel dì sacro alla Vergine e Martire s. Barbara, anniversario dell’accaduto, esposte si vedono e schierate nella Cappella e altare della Santa, celebrandosi dal R’mo [2] Capitolo solenne Messa in commemorazione, e in fine della quale si canta il Te Deum in ringraziamento all’Altissimo.

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(1) Sembra certo che fu imposta una multa di duemila scudi e dodici posate di argento, oltre le razzie di vino eseguite dai Francesi nei giorni seguenti (Vedi Dizionario Moroni - Vignanello = e Memoria del Can’co [3] Segretario D. Pietrantonio Lelli nel Libro Lettere Capitolari fog. 53).

 

[1] Giovanni
[2] Reverendissimo
[3] Canonico