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Amori, morte, politica, costume, regnanti, papi, ammazzamenti, tresche, vizi, virtù, riflessioni sul vivere comune. Tutto svelato in… “rime romanesche”.
Non credo di aver mai parlato della mia passione per i poeti dialettali romaneschi. Questo mio amore nasce da una curiosissima circostanza verificatasi una sessantina di anni fa. Era il 1951, mio fratello Romolo frequentava la quinta classe elementare ed aveva come maestro il terribile Sabatino Valeri. Io non andavo ancora a scuola ma, curioso come una scimmia, assistevo allo svolgimento dei “compiti a casa” assegnati dal maestro Valeri ed al ripasso orale delle lezioni che mia madre faceva finta di ascoltare mentre continuava la sua occupazione di sarta. Ripensandoci credo che se mio fratello avesse raccontato la trama di un film, anziché ripetere la lezione scolastica, per mia madre non avrebbe fatto alcuna differenza. Ma torniamo alla nascita della mia passione. Un giorno il maestro Valeri, convinto sostenitore della metodologia mnemonica, assegnò alla classe un compito particolarmente impegnativo: imparare a memoria una poesia di Cesare Pascarella, poeta dialettale romanesco. La poesia assegnata, da mandare a memoria era La scoperta dell’America, composta da 50 sonetti per un totale di 400 versi! Oddio, è vero che si era in quinta classe ma il compito era veramente impegnativo. L’intera poesia era stata divisa in varie parti e la recita mnemonica avveniva per progressione: si recitava la prima parte, poi prima e seconda parte, poi prima, seconda e terza parte, e così via fino alla fine. L’ascolto ed il riascolto, fino alla nausea, di quel simpatico e musicale racconto storico, con espressioni che somigliavano al nostro dialetto paesano, mi conquistarono. Mio fratello ripeteva e ripeteva nel corso del pomeriggio ed io, anche se può sembrare incredibile, imparavo quasi a memoria l’intera poesia (poesia che ancora ben ricordo e che, con piacere, ripetutamente mi sussurro). Non ho più smesso di coltivare questo piacevolissimo passatempo che mi ha fatto conoscere ed apprezzare i maggiori esponenti di questa consistente corrente letteraria. Con questo mio nuovo appuntamento mensile, che spero interessi e duri sufficientemente a lungo, intendo far conoscere i poeti dialettali romaneschi e le loro opere piene di immediatezza nella “battuta”, di “cadenze popolane” nella terminologia e “squisite” nella musicalità dialettale. Ogni poesia è una fotografia della vita, ogni poesia ha la sua morale, ogni poesia risveglia il carattere “der popolo de Roma”, “der core de Roma, “der dialetto de Roma”. Il commento alle poesie ed i sonetti che sottoporrò alla vostra attenzione risulterà chiaramente inutile: il miglior commento è quello che ciascuno di voi farà al termine della lettura. E’ ovvio che cercherò di proporre quelle poesie meno conosciute ma non potrò omettere quelle più apprezzate, anche se note alla maggior parte dei lettori. Tanti anni fa Radio Domani, emittente radiofonica locale fortemente voluta e realizzata dal caro don Luigi Calvanelli, inaugurò una trasmissione di tal genere: “Un sonetto al giorno” (o “Una poesia al giorno”, non ricordo bene) curato, presentato e recitato da Goffredo Cesaretti, “er compare”, (1912 – 2002). Lo ascoltavo con piacere “er compare”, quel suo accento di romano verace mi emozionava ogni vota, mi incantava ogni volta. Segretamente vorrei che questi sonetti, queste poesie, queste “pennellate trasteverine”, le leggesse ai tanti abitanti dell’altro mondo con la stessa passione, con la stessa cadenza, con lo stesso amore per la sua città, con cui le recitava a noi da Radio Domani.
E’ ovvio che inizierò l’argomento parlando brevemente della vita e delle curiosità legate ai poeti, fautori di tutti quei componimenti che avrò il piacere di presentarvi . Personalmente ritengo che la presentazione di un qualsivoglia personaggio risulta indispensabile per entrare, almeno un po’, nel suo mondo, nel suo quotidiano ambiente, nella sua epoca, nelle sue relazioni interpersonali. Serve, ed è essenziale, per interpretare le sue opere, per dare un significato alla sua logica poetica, scoprire le sue simpatie politiche, lo stile di vita, gli affetti più cari. Ma ora, come si dice, “bando alle ciance”. Iniziamo questi nuovi appuntamenti mensili con un “poker” di poesie del Trilussa. Due di esse sono assolutamente motivate, altre due hanno sempre riempito il mio cuore: una di gioia e l’altra di pacata riflessione.
Con l’augurio di appassionarvi all’argomento, dico senz’altro: “Pronti? Via!”
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